immagini
di Carlo Baiamonte
La città iper-moderna che si è sviluppata a seguito delle rivoluzioni industriali rappresenta un ecosistema complesso, caratterizzato da un flusso costante di materia ed energia in entrata e in uscita, il cui bilancio finale, a differenza di quanto avviene per l’ecosistema naturale, risulta sempre squilibrato a scapito del mantenimento e della tutela delle risorse ambientali.
La città materiale e simbolica, prodotto della relazione critica tra il fenomeno di urbanizzazione e le risorse naturali, deve fare i conti con la rappresentazione effettuale di un modello dissipativo di risorse. Il contenimento e il dimensionamento dei danni all’ambiente non possono prescindere dall’attuazione di una strategia di sistema per una sensibilizzazione diffusa sui processi entropici.
Ce ne siamo accorti recentemente e in piena pandemia. La recessione e le forti limitazioni delle libertà personali e comunitarie, hanno messo pressoché in radicale discussione lo stile di vita consumistico, acceso i riflettori sulla crisi strutturale e pervasiva del modello capitalistico. L’ambiente non è più una cornice e uno sfondo che si deve cercare di conservare, un tema globalizzato e alla moda che sulla spinta di pochi intellettuali rappresentanti di un movimento ancora elitario non riesce a negoziare risultati diffusi.
Piuttosto deve trasformarsi in un processo, una pratica quotidiana in cui da cittadini attivi modifichiamo il nostro comportamento di consumatori, sensibilizziamo gli altri, educhiamo le vecchie generazioni (direbbero i giovanissimi), aiutiamo a crescere le nuove (dicono gli adulti ecologisti), immaginando un futuro a lungo termine, universale e globale, fondato sulle relazioni di prossimità.
Una strategia interessante sotto il profilo pedagogico e psicologico è oggetto da un ventennio di sperimentazioni progettuali nell’area delle arti visive. Si cerca attraverso orientamenti di scuola e il contributo di artisti contemporanei di educare ad una rielaborazione innanzitutto dei processi di rappresentazione del paesaggio, superando l’allontanamento irreversibile dell’uomo dalla vocazione originaria di specie che può sopravvivere (pena l’estinzione) solo se si decentra e se contribuisce a preservare l’equilibrio eco-sistemico.
I temi dell’ecologia urbana in chiave di sensibilizzazione efficace sono però tra i più difficili da trattare, sia nei luoghi della socialità e della formazione, sia nel sistema culturale produttivo in cui operano i decisori da cui in larga misura dipendono le politiche a difesa dell’ambiente.
Abusati in modo abnorme nella comunicazione di massa, spesso in chiave catastrofistica, distopica e antiscientifica, ridotti alla statistica dei dati, questi temi incontrano grandi resistenze nell’opinione pubblica, poche occasioni di riflessione e di interiorizzazione, grandi dichiarazioni di principio che raramente vincolano le grandi potenze e innescano cambiamenti radicali nella sfera produttiva.
Solo recentemente, a partire dal 1996 e ad opera dell’educatore e attivista Don Krug, sono stati identificati i concetti che gli artisti ecologici (per lo più tedeschi) come Nikolaus Lang, Lili Fischer, Hans Haakke, Joseph Bois e Alan Sonfist, per enfatizzare il contatto con l’ambiente, hanno utilizzato per interpretare prospettive e pratiche ecologiche. Don Krug identifica quattro orientamenti principali: progettazione ambientale, progettazione ecologica, restauro sociale e restauro ecologico.
All’interno di questi orientamenti progettuali che afferiscono le arti visive si tenta di valorizzare, in chiave di de-contestualizzazione dalle pratiche e rappresentazioni del linguaggio ordinario anche gli scarti urbani.
Ma che cosa sono gli scarti urbani e come possiamo identificarli nel paesaggio? In linea di massima costituiscono ciò che permane e resiste al compostaggio dei materiali di consumo ma il concetto è stato recentemente rielaborato nell’ambito dell’estetica della fotografia.
Per l’analisi tematica e la definizione concettuale di “scarti urbani”, ci lasciamo aiutare da Timothy Morton che nel suo volume Hyperobjects: Philosophy and Ecology After the End of the World del 2013, un testo che inserendosi nella cornice di una delle principali correnti del realismo speculativo internazionale, la Object-Oriented Ontology, delinea gli Iperoggetti, delle «entità diffusamente distribuite nello spazio e nel tempo» di natura non-locale e viscosa, che si attaccano alle altre entità con cui entrano in relazione.
Gli iperoggetti ridefiniscono il paesaggio, dal punto di vista ecologico in chiave entropica, in senso artistico, in un modo esteticamente riconducibile ad una esperienza cognitiva e percettiva divergente.
Reperire e documentare gli scarti urbani in una dimensione di ricerca estetica fissata sui canoni della fotografia concettuale consente una fruizione utopistica del paesaggio che in prima istanza denuncia, ma lascia anche immaginare forme desuete di integrazione degli iperoggetti.
Il presente reportage composto da 15 immagini realizzate nel corso del primo semestre del 2020 nel territorio siciliano costituisce parte del progetto “Scatti e scarti. Oggetti di ecologia urbana”, ideato nell’ambito delle attività programmate dall’Associazione Lympha per la Terza edizione (2020) del “Festival delle Filosofie” svoltosi nel mese di ottobre a Palermo sul tema “Ecosofie”.
Le immagini non sono caratterizzate da coerenza e pregnanza rispetto al progetto e vogliono solo rappresentare alcuni aspetti “atipici” e “iper-consumistici” del paesaggio urbano siciliano. Per ragioni correlate alle restrizioni Covid sull’organizzazione di eventi culturali, l’esposizione all’interno di una mostra collettiva che coinvolgerà alcuni fotografi di profilo nazionale è stata rinviata al 2022. L’iniziativa Scatti e Scarti vuole sensibilizzare sui temi ecologici, a partire dalla conoscenza del territorio e dalle sue criticità eco-urbane, in un’ottica di alleanza strategica tra discorsività ecologica e arti visive.
Dialoghi Mediterranei, n. 46, novembre 2020
______________________________________________________________
Carlo Baiamonte, vive e lavora a Palermo, insegna Filosofia e Scienze Umane all’Istituto Regina Margherita di Palermo. Si è laureato in Filosofia nel 1993 e si è occupato a lungo di ricerca, progettazione e programmazione dei servizi socio-sanitari svolgendo attività di consulenza nel Terzo settore e negli enti locali, in particolare nella valutazione della qualità. È giornalista pubblicista, ha collaborato con la rivista “Prometheus” come responsabile della sezione scienze sociali e ha svolto sino al 2013 l’incarico di direttore responsabile di Medeu.it, quotidiano di informazione socio-sanitaria. Appassionato di fotografia, ha al suo attivo diverse pubblicazioni con contributi saggistici in ambito di sociologia della comunicazione. Nel 2018 pubblica con People&humanities il saggio fotografico Nel segno di Palermo, nel 2019 con Giusy Tarantino Di moka in moka. Storie di donne davanti a un caffè pubblicato da Edizioni Ex Libris.
______________________________________________________________