di Veronica Merlo
Nel 2019, dopo aver vissuto un anno consecutivo nella città portuale di Alessandria d’Egitto, mi trasferii per un’esperienza di tirocinio e lavoro giornalistico nella capitale del Libano, Beirut. Fin da subito, potei percepire una familiarità con il posto, nonostante fosse la mia prima visita in Libano.
Al mio arrivo, la mia conoscenza del Paese si limitava alle informazioni lette su manuali di storia del Medio Oriente e a scene di film libanesi di fama internazionale, come il celebre “West Beirut” (1998) di Ziad Doueiri, integrate da alcune storie raccontate da amici di origine libanese.
Che cosa, allora, rendeva possibile quel sentimento di familiarità con un posto che mi era ancora pressoché sconosciuto?
Con il passare dei giorni, attraversando a piedi i vari quartieri di Beirut, scambiando chiacchiere con persone del posto, osservando la varietà delle diverse comunità formatesi attorno a identità religiose e affiliazioni politiche, ma non solo, mi accorsi che quello che a me appariva come una forza divisiva, derivante dalla complessità del tessuto sociale e dalle tracce di una storia dolorosa di venticinque anni di guerra civile, veniva controbilanciata da un elemento naturale unitario.
«Un saluto dal mio cuore a Beirut/ baci al mare e alle case / a uno scoglio, che è come la faccia di un vecchio marinaio» [1], canta l’iconica cantante libanese Fairuz, che identifica con il mare la città devastata da anni di conflitti.
A Beirut, la presenza del mare e, più precisamente, del Mar Mediterraneo, convoca gli abitanti della città, influenzandone l’atmosfera, così come le sue rappresentazioni.
Riuscii così a identificare il fattore principale alla base del mio sentimento di familiarità con il posto, che non si limitava alla vista del mare, ma si estendeva a ricorrenti elementi nel paesaggio urbano fino a gesti e abitudini di vita quotidiana distintivi di tutte le città portuali mediterranee.
Dalle passeggiate sul lungomare, ai vicoli nel centro città, alle vivaci interazioni umane nei luoghi pubblici, al calore percepibile nelle piazze, alle voci e ai canti, caratteri mediterranei riconosciuti e vissuti ad Alessandria d’Egitto si manifestavano a me anche a Beirut.
Le foto catturano semplici momenti della quotidianità in due città distinte, eppure collegate attraverso un bacino che rappresenta molto di più di un elemento geografico, ma, ricordando le parole del poeta e filosofo francese Paul Valery (1871-1945), è «Fabbrica di civilizzazioni».
Così è nei mercati e nel commercio ambulante, nella cucina e nei consumi alimentari, nelle memorie archeologiche e nelle testimonianze architettoniche. Così è nello skyline delle coste e nei caldi e luminosi tramonti sul mare.
Dialoghi Mediterranei, m. 62, luglio 2023
Note
[1] لبيروت من قلبي سلامٌ لبيروت و قُبلٌ للبحر و البيوت لصخرةٍ كأنها وجه بحارٍ قديمِ
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Veronica Merlo, Laureatasi a Sciences Po Parigi in Relazioni internazionali con specializzazione Medio Oriente, Veronica arriva in Egitto nel 2017 per un anno di studi di lingua araba e dialetto egiziano all’Università di Alessandria d’Egitto. Dopo il master presso The Paris School of International Affairs, il diploma al TAFL Center per insegnare l’arabo e varie esperienze nell’ambito di giornalismo, comunicazione e cooperazione internazionale, tra Parigi, Beirut, Cairo e sud del Sinai, Veronica ritorna al Cairo con una borsa di studio per il programma CASA@AUC all’Università Americana del Cairo, desiderosa di continuare a dedicarsi alla promozione della conoscenza reciproca tra i popoli a nord e sud del Mediterraneo attraverso la scrittura, l’insegnamento e la traduzione letteraria. “Sorprendersi in Egitto” è il suo romanzo d’esordio pubblicato con Bookabook il 25 maggio 2023. https://bookabook.it/libro/sorprendersi-in-egitto/
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