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Sidi Abdel Rahman di Casablanca: tra tradizione e modernità

Interno del marabutto post ristrutturazione  (ph. Adil Gadrouz)

Esterno del marabutto post ristrutturazione (ph. Adil Gadrouz)

di Latifa Taibi

Introduzione 

Il culto dei marabutti ha rappresentato per secoli una componente fondamentale della religiosità popolare in Marocco. Figure carismatiche dotate di baraka [1] (benedizione divina, un concetto centrale nella spiritualità musulmana), i marabutti hanno incarnato un punto di riferimento spirituale e sociale per le comunità locali, fornendo guarigione, consiglio e protezione, un po’ come le figure di settimini e santi taumaturghi ai quali siamo abituati in Italia (Talbi, 2020).

Tra i numerosi santuari disseminati nel Paese, il marabutto di Sidi Abdel Rahman a Casablanca ha occupato un posto particolare nell’immaginario collettivo marocchino. Situato su un isolotto roccioso lungo la costa atlantica, questo luogo sacro è stato per decenni meta di pellegrinaggi e pratiche rituali, alcune delle quali connesse alla magia e alla ricerca di soluzioni a problemi personali.

Non vi sono documenti ufficiali che attestino la natura di questo marabutto, ma secondo la rivista online Morocco World News, vi è una leggenda popolare che narra di un uomo, di nome Abderrahmane, che durante il XIX secolo si trasferì dalla città di Baghdad (Iraq) a Casablanca (Marocco), dove sulle coste della città, in prossimità dell’attuale quartiere Ain Diab, designò l’isolotto dove ora sorge la sua tomba come luogo ideale per il suo ritiro dalla vita mondana, prediligendo la solitudine e la natura [2].

Sidi Abdel Rahman  (https://aujourdhui.ma/culture/du-17-au-21-juillet-le-site-de-sidi-abderrahmane-accueille-des-spectacles-de-lumieres-par-drones)

Sidi Abdel Rahman pre ristrutturazione
(https://aujourdhui.ma/culture/du-17-au-21-juillet-le-site-de-sidi-abderrahmane-accueille-des-spectacles-de-lumieres-par-drones)

Ma analizziamo la figura carismatica dei marabutti in generale: secondo Westermarck, la prima cosa che attira l’attenzione è che si presentano come santuari dalla forma che ricordano una tenda beduina, con all’interno una tomba di un autoctono, che durante la sua vita o post mortem fu considerato una persona pia e ligia al dovere. In alcuni casi, poteva anche trattarsi della tomba di un regnante, come nel caso del mausoleo di Moulay Idriss a Fez, dove riposa Idriss I, capostipite della prima dinastia che regnò in Marocco (Talbi, 2020).

Negli ultimi anni, però, il sito ha subìto profondi cambiamenti. Un esempio sono i lavori di bonifica che hanno avuto inizio il 12 gennaio 2024 e hanno portato alla trasformazione dell’area circostante al marabutto [3]. Le operazioni di bonifica e sviluppo urbano hanno portato alla distruzione del villaggio informale che era sorto intorno al marabutto, segnando la fine di un’epoca; ovviamente, gli abitanti abusivi sono stati avvisati con un preavviso di dieci giorni.

Questo intervento, volto a modernizzare l’area e rispondere alle esigenze di una città in continua espansione, solleva interrogativi più ampi sul destino del patrimonio culturale marocchino. Come conciliare la tutela delle tradizioni con il progresso economico e sociale? È possibile preservare la memoria di luoghi come Sidi Abdel Rahman senza ostacolare lo sviluppo urbano? 

Interno del marabutto post ristrutturazione  (ph. Adil Gadrouz)

Interno del marabutto post ristrutturazione (ph. Adil Gadrouz)

Il significato storico e religioso del marabutto 

Il culto di Sidi Abdel Rahman si inserisce in una lunga tradizione di venerazione dei santi in Marocco. La figura del marabutto, come abbiamo visto, è strettamente legata alla credenza nella baraka, che, come spiegato prima, si tratta di una vera e propria benedizione che può essere trasmessa per diritto di nascita o attraverso una gestualità da parte di un cherif [4] a un suo servo/schiavo. Normalmente chi riceveva questo dono gli veniva sputato su una mano dalla persona che voleva trasmettergli questa energia spirituale, conferendo poteri taumaturgici e capacità di intercessione presso Dio (Talbi, 2020). Infatti, molti marabutti [5], che, come abbiamo visto, non erano mai dei chorfa e in molti casi, sono stati aiutanti o servi di questa casta, hanno poi ricevuto la pagnotta [6], come direbbe Westermarck nei suoi studi, riferendosi all’atto di ricevere la benedizione.

Nel contesto marocchino, questi luoghi diventano non solo centri di preghiera, ma anche spazi di aggregazione sociale, in cui si mescolano dimensioni religiose e popolari, come nel caso di Sidi Chiker, considerato da Kridi il primo marabutto ad essere fondato in Marocco, che in passato era anche un centro militare dove i devoti si allenavano all’arte bellica oltre che all’insegnamento del Corano (Talbi, 2020).

Sidi Abdel Rahman, in particolare, è stato per lungo tempo un riferimento per coloro che cercavano protezione e risposte ai propri problemi esistenziali, come malattie e disagi ma soprattutto per poter ripulirsi da ogni energia negativa che poteva bloccare ogni tipo di successo, anche quello di trovare marito, come nel caso di Yasmine che si era recata al marabutto, assieme alla zia, per poter ricevere la benedizione di trovare marito [7]. Riferisce anche che solo in Italia le era stato detto di recarsi, essendo molto popolare tra la comunità marocchina residente all’estero [8].

L’isolotto che ospita il suo mausoleo ha assunto una valenza simbolica, rappresentando un confine tra il mondo materiale e quello spirituale. Per secoli, visitatori da ogni parte del Marocco si sono recati al sito per compiere riti devozionali, chiedere benedizioni e persino cercare soluzioni attraverso pratiche mistiche, alcune delle quali collegate alla magia, come la lettura delle carte, l’uso di amuleti protettivi, lo scioglimento del piombo per annullare maledizioni o la preparazione di pozioni rituali.

Nel tempo, tuttavia, il culto ha subìto trasformazioni significative, in parte dovute ai cambiamenti sociali ed economici del Paese. L’intervento urbanistico che ha portato alla bonifica dell’area circostante riflette una più ampia tendenza alla modernizzazione del Marocco, che spesso entra in contrasto con la conservazione del patrimonio immateriale. 

Interno del marabutto post ristrutturazione  (ph. Adil Gadrouz)

Interno del marabutto post ristrutturazione (ph. Adil Gadrouz)

Le pratiche rituali e la trasformazione del culto 

Uno degli aspetti più affascinanti del marabutto di Sidi Abdel Rahman era la varietà di rituali praticati dai visitatori. La ziyara, ovvero la visita al santuario, rappresentava un momento di intensa connessione spirituale, durante il quale i fedeli accendevano candele, recitavano preghiere e compivano gesti simbolici per attirare la benedizione del santo. Le visite potevano essere fatte durante l’arco dell’anno, in particolare il 27° giorno del mese di Ramadan, considerato sacro per i fedeli musulmani (Talbi, 2020), oppure durante altre occasioni, come nel caso degli studi dell’antropologo Vincent Crapanzano [9].

Alcuni visitatori si recavano lì per praticare riti per allontanare il male, altri lasciavano offerte, come incensi, candele, acqua di rose in segno di gratitudine. Infatti, secondo un articolo della rivista online “Aljardida24”, vi erano dei veri e propri venditori specializzati nella vendita di candele e incensi che i visitatori erano soliti portare e offrire a Sidi Abdel Rahman. Sempre secondo tale articolo, i costi di questi prodotti arrivavano a toccare i 600 Dirham marocchini, circa 60 euro [10].

Tuttavia, la fama del sito era legata anche a pratiche meno ortodosse, tra cui la magia nera e la divinazione. Molti credenti cercavano soluzioni a problemi personali affidandosi a rituali esoterici che combinavano elementi della tradizione sufi con pratiche popolari. Questo aspetto ha contribuito a creare un’immagine ambivalente del luogo: da un lato, un centro di spiritualità autentica, dall’altro, un luogo controverso agli occhi dell’Islam più ortodosso, che considera tali pratiche chirk [11], nonostante visitatori come Sanaee, che si era solita recare al santuario di Sidi Abdel Rahman, riferiscano che ogni volta che si recava lì le sue preghiere erano sempre e unicamente rivolte a Dio [12].

Con la recente bonifica dell’area, che si è conclusa con l’inaugurazione del marabutto il 19 settembre 2024 [13], esso si presenta rinnovato, con un’altra immagine, inoltre è stato anche inaugurato un piccolo museo dedicato alla storia del sito e alla figura del marabutto assieme una piccola biblioteca [14]. Il dibattito sulla legittimità del culto popolare e sulla necessità di preservare questi luoghi di memoria continua a essere di grande attualità. 

Un momento della bonifica (ph. Khalil Essalak)

Un momento della bonifica (ph. Khalil Essalak)

 Conclusioni 

Il caso di Sidi Abdel Rahman offre un esempio emblematico delle classiche tensioni tra tradizione e modernità che ogni Paese nel mondo potrebbe vivere. La distruzione del villaggio intorno al marabutto ha posto fine a una realtà sociale consolidata, ma ha anche aperto nuove riflessioni sul futuro del patrimonio culturale marocchino.

Se da un lato la modernizzazione è inevitabile, dall’altro è possibile trovare strategie per valorizzare questi siti senza cancellarne la memoria. La creazione di spazi museali, la promozione di studi antropologici e la sensibilizzazione delle nuove generazioni potrebbero rappresentare e rappresentano vie concrete per mantenere vivo il legame con il passato.

Il Marocco, con la sua capacità di integrare tradizione e innovazione, potrebbe trasformare luoghi come Sidi Abdel Rahman in simboli della sua ricchezza culturale, evitando che la modernità cancelli completamente le tracce di un’eredità secolare.  

Dialoghi Mediterranei, n. 72, marzo 2025 
Note
[1] The Arabic word baraka means “blessing”. In Morocco it is used to denote a mysterious wonder-working force, which is looked upon as a blessing from God, a “blessed virtue”. It may be conveniently translated into English by the word “holiness”, Edward Westermarck, “Ritual and belief in Morocco, 1926, p. 35. Vol.1
[2]https://www.moroccoworldnews.com/2024/01/360095/controversy-surrounds-demolition-of-slums-near-sidi-abderrahmane-mausoleum-in-casablanca
[3] https://telexpresse.com/295581.html
[4] Salima Naji “Fils de saints contre fils d’escalaves: Lespélerinages de la Zawya d’Imi n’Tatelt”,
2011: 55 – Traduzione “Cherif, un legittimo discendente del Profeta. I Chorfa idrissiti sono, in
Marocco, i più prestigiosi. Noto da tutti e incontestabilmente da nessuno, infatti l’albero genealogico del santo è appeso nel suo mausoleo (Darih) … Il comprovato titolo di Chorfa indica lo stato di questa stirpe di santi: questi discendenti di sono al di sopra dei loro vicini …. Il Chérif o il Chérifa (singolare di Chorfa) questi sono i discendenti del Profeta, nobili per eccellenza
[5] “Besides the shereefs there are families whose members are possessed of baraka as a hereditary quality, namely, the families of mrabtin or mrabtiyn (sing. Mrabat or mrabt). These families consist of the descendants of some saintly ancestor who was not a shereef and whose baraka was in some degree transmitted to them. Like a srif a mrabat is not eo ipso a siyid, or saint; he is regarded as a saint only in exceptional cases, when his baraka is found to be extraordinarily great. The mrabtin is styled sidi, but never mulai” Edward Westermarck” Ritual and belief in Morocco”, 1926 p. 40 vol.1
[6] “You have taken the loaf of bread” Edward Westermarck “Ritual and belief in Morocco”, 1926, p.41 vol.1.
[7] https://aljarida24.ma/p/zoom/5799/#google_vignette
[8] https://aljarida24.ma/p/zoom/5799/#google_vignette
[9] “Le visite al cimitero si fanno all’inizio dell’Anno Nuovo, il giorno di Ashur; si aspergono con acqua le tombe degli amici e dei parenti “per raffreddare il corpo”, dice Tuhami, e per nutrire la terra [ruh]. Si fa l’elemosina ai poveri e si recitano versetti del Corano…Le visite ai cimiteri si svolgono, oltre che in giorni festivi, il ventisettesimo giorno del Ramadan, la terribile Notte del Potere, lilt lqadar, quando gli jnun, tenuti prigionieri nei precedenti giorni 44 del mese, sono liberati. Vincent Crapanzano “Tuhami: ritratto di un uomo del Marocco”, 1995: 69
[10] https://aljarida24.ma/p/zoom/5799/#google_vignette
[11] The belief in saints is not Koranic…Thus, the cult of saints grew up on the soil of the earlier paganism; and its growth was actually furthered by the stern monotheism of Islam, which made intercessors necessary for filling up the gap which separated men from their god. When it spread to Africa it found fresh support in the native ideas of the Berbers; and their belief in soothsaying or holy women has” Edward Westermarck” Ritual and belief in Morocco”, 1926 p. 50-51 vol.1 
[12] https://aljarida24.ma/p/zoom/5799/#google_vignette
[13]https://fr.le360.ma/societe/casablanca-le-nouveau-visage-du-mausolee-sidi-abderrahmane_J7DLWP6XJ5FEFNXEOJ4Z22XI3M/
[14]https://fr.le360.ma/societe/casablanca-le-nouveau-visage-du-mausolee-sidi-abderrahmane_J7DLWP6XJ5FEFNXEOJ4Z22XI3M/ 
Riferimenti bibliografici 
Crapanzano V. (1995), Tuhami: ritratto di un uomo del Marocco, Roma, Meltemi editore s.r.l.
Naji S. (2012), Fils de saints contre fils d’esclaves: les pèlerinages de la Zawya d’Imi n’Tatelt (Anti-Atlas et Maroc présaharien), Rabat, Centre Jacques-Berque
Talbi L. (2020), La terra dimenticata; il culto dei marabutti, Libreria Universitaria
Westermarck E. (1939), Pagan survivals in Mohammedan civilization, Amsterdam, Philo Press cv
كريدية إبراهيم (2009), ريباط سيدي شيكر: ببلاد احمر  Safi, Safi Graphe. 
Sitografia 
https://fr.le360.ma/societe/casablanca-le-nouveau-visage-du-mausolee-sidi-abderrahmane_J7DLWP6XJ5FEFNXEOJ4Z22XI3M/ 
https://aljarida24.ma/p/zoom/5799/#google_vignette 
https://aljarida24.ma/p/zoom/5799/#google_vignette      
https://telexpresse.com/295581.html 
https://www.moroccoworldnews.com/2024/01/360095/controversy-surrounds-demolition-of-slums-near-sidi-abderrahmane-mausoleum-in-casablanca 

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Latifa Taibi, laureata in Antropologia Culturale ed Etnologia presso l’Università di Torino, con una tesi pubblicata sul culto dei marabutti, ha partecipato, nel 2019, a un progetto Erasmus+ in Marocco per una ricerca etnografica sul campo. Nell’anno 2023 ha pubblicato l’articolo “RAMADANCE: Sacro e profano online, tra mesi di penitenza e danze folkloristiche” nella rivista Africa e Mediterraneo (Dossier n. 99, 2024).  Ha competenze multidisciplinari acquisite attraverso studi e attività di mediazione culturale, unitamente a una conoscenza avanzata delle lingue arabo, italiano, inglese e spagnolo.

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