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Storia di un vascello fantasma

Brigantino a palo

Brigantino a palo

di Mario Genco

Nella seconda metà dell’Ottocento, quando la città a buon diritto poteva definirsi di “mare”, alzò le vele da Palermo verso le Americhe un brigantino a palo chiamato con il pacioso nome di famiglia Vincenzo Perrotta. Era armato dai fratelli Perrotta di Procida, che lo avevano fatto costruire nei cantieri locali nel 1875. Ma era iscritto fra i navigli del Compartimento Marittimo di Palermo, uno dei motivi per cui spesso al comando aveva un capitano palermitano.

Era un grosso bastimento di 669 tonnellate, stazza ragguardevole per la smilza flotta siciliana di quegli anni. Era fresco di varo ma era un vascello che faceva navigare il presagio di nave “segnata”, anche se nessuno poteva ancora sospettarlo.

Forse il primo capitano al comando fu Paolo Corvaia, uno della numerosa famiglia di medi armatori palermitana, Buon marinaio, quando era allievo del Collegio Nautico era stato nominato sul campo al grado di pilota, alla fine della crociera d’istruzione sulla goletta-scuola dell’Istituto.

Aveva solo un anno di mare sotto la chiglia quando, il 2 maggio 1876, al largo di Cap Hatteras (North Carolina) il bastimento, comandato da Paolo Corvaia, squarciò la prora del brigantino statunitense Martha, che affondò il dieci minuti. L’equipaggio fu salvato, il giudice della Corte Distrettuale di New York sentenziò che era stata colpa del comandante americano.

Passarono tre mesi e il Perrotta svelò il suo presagio di nave cerca guai: ad agosto si arenò a Lowestoft, Inghilterra. Disincagliato senza danni riprese il va e vieni per gli Stati Uniti, comandato spesso da un altro capitano palermitano, Mario Anatra e di questo cognome nei Registri della Gente di Mare di 1Categoria alla Capitaneria di Palermo sono registrati almeno altri sette comandanti e ufficiali di coperta e di macchina.

Passarono una dozzina di anni e il Vincenzo Perrotta confermò, una volta per tutte, il presagio che lo seguiva fin dalle prime traversate.

A metà settembre del 1867, l’Atlantico centrale fu attraversato da una tempesta e il Vincenzo Perrotta ci era finito in pieno, squinternato. Il giorno 17, il capitano Murray del piroscafo inglese Albano avvistò, circa seicento miglia a est delle Bermude, «un vascello italiano che – scrisse sul giornale di bordo – sembrava vicino all’affondamento, disalberato tranne che un moncone dell’albero di trinchetto, tre metri dell’albero di maestra e il bompresso troncato».

Era il Vincenzo Perrotta. Il mare era ancora molto mosso, il capitano inglese aspettò che si calmasse un po’ e mandò una scialuppa per recuperare l’equipaggio, il comandante si chiamava Baldoni (cognome molto diffuso nell’Italia centrale) e non voleva abbandonare il relitto ma alla fine, con l’acqua che gli gorgogliava sotto i piedi, si decise e saltò giù. Il capitano Murray continuò il suo viaggio verso l’America e i naufraghi furono presi a bordo dal piroscafo Pecconic  che li sbarcò a Gibilterra;  il recupero dal relitto, con il mare ancora molto mosso, dovette presentare qualche difficoltà se un suo marinaio si meritò un elogio per il suo comportamento coraggioso.

Goletta

Goletta

Così cominciò la sinistra carriera fantasma del Vincenzo Perrotta: era diventato, insieme con una trentina di bastimenti semiaffondati, il terrore dei naviganti in quell’ampio tratto di oceano. Un pericolo costante, riportato ogni mese sulla North Atlantic Pilot Chart della Marina Usa. Gli americani davano la caccia con almeno due golette a quei relitti, il Perrotta fu avvistato una trentina di volte ma nessuno era riuscito a intercettarlo e affondarlo.

A New York fu deciso di allestire la goletta Yantic armata di cannoni e siluri per farla finita. Ma il brigantino fantasma ormai non minacciava più nessuno. Dopo aver disegnato sull’Oceano una specie di falce dall’isola Bermuda era finito ad arenarsi su una secca dell’isola di San Salvator – dove era sbarcato Colombo alla sua prima traversata, che allora era chiamata Watling, il nome di un pirata inglese che ne aveva fatta la sua base. In cinquecentrentasei giorni aveva percorso quasi tremila miglia.

E la flotta palermitana ebbe così il suo primo, e che si sappia unico, vascello fantasma.

Dialoghi Mediterranei, n. 72, marzo 2025
FONTI
Archivio della Capitaneria di Porto di Palermo: Registri della Gente di Mare di 1a categoria.
North Atlantic Pilota Chart della US Navy, su segnalazione del professor Carlo Corvaia.

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Mario Genco, giornalista a Palermo (L’Ora, Giornale di Sicilia), ha scritto Post Scriptum (1990); Il Delegato (1991); Il caso Alfano (1998); Repulisti Ebraico (2000); Trattato generale dei pesci e dei cristiani (2003); Storia del gas a Palermo (2000); I Pirandello del mare (2011); Gente di mare (2016,2017, 2018).

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