Un’aria fredda passa sul guscio duro dei crostacei/ un grande urlo solca il cielo con il suo gelido fulmine d’ira/ come un tappeto grigio arrivano la notte e lo spavento (Alvaro Mutis, Summa di Maqroll il Gabbiere).
Sin dalle prime pagine dell’ultimo lavoro di Ninni Ravazza, pubblicato nell’aprile di quest’anno, si ha l’impressione di imbattersi in un lungo cunto con la forma di un romanzo che segue la scia delle tante precedenti pubblicazioni (saggi, racconti, studi e ricerche) nei quali il mare e le attività connesse ad esso, legate alla tradizione, e gli uomini che vi ruotano intorno sono elementi essenziali. Subito tornano alla mente le storie affascinanti di Maqroll il Gabbiere, il marinaio inventato dalla penna di Àlvaro Mutis (1923-2013), lo scrittore sudamericano che ha raccontato di sognatori di navi, di marinai, di donne e avventure nel divenire delle irrimediabili stagioni della vita fatte di gioie, sconforti e fallimenti.
Così, addentrandosi nella storia di Cianchino – L’isola delle illusioni (Avagliano editore, 2023), risuonano gli echi dei racconti di vecchi pescatori «che si sedevano ai tavoli di legno coperti da ragnatele di solchi disegnati con i coltelli ed ordinavano un quartino di quello forte, ambrato, che costava poco e lasciava i bicchieri macchiati».
Di queste suggestioni è ricco il romanzo di Ninni Ravazza, giornalista, scrittore, per anni sommozzatore della tonnara di Bonagia, narratore di storie legate al mare e alla pesca del tonno (con Diario di Tonnara nel 2018 ha partecipato al Festival del cinema di Roma). L’autore avverte nel prologo che la storia di Giorgio è una storia di fantasia «che potrebbe essersi svolta in qualunque isola italiana in un periodo che va dalla fine degli anni Quaranta agli inizi degli anni Settanta», ambientata in una ipotetica isola del Mediterraneo dove i racconti dei pescatori hanno tutti un filo comune e si ripetono risultando ogni volta unici, nuovi e sempre diversi.
Nella sua lunghissima esperienza di uomo di mare Ninni Ravazza ha saputo ascoltare e soprattutto cogliere il valore di tante esistenze e fare tesoro di centinaia di storie vere che poi, in un modo o nell’altro, hanno animato i suoi saggi e i suoi libri. Anche Giorgio, il protagonista del romanzo, è nato ascoltando le parole dei pescatori nella taverna del padre e non potrà sfuggire al suo ineluttabile destino legato al mare: dagli studi all’istituto Nautico alle tante illusioni infrante, come quella, durante il servizio militare, con i sommozzatori della Marina conclusasi, suo malgrado, con il congedo e che invece avrebbe potuto aprirgli la porta sospirata. Seguendo passo dopo passo il fluire del racconto Giorgio abbraccia tante illusioni, speranze, promesse, innamoranti di ragazze e giovani donne in attesa, amicizie sincere di qualcuno che resterà prigioniero del mare per sempre.
È nella sintesi della narrazione che viene fuori la forza dirompente delle passioni o se si vuole dell’unica passione – il mare – che accompagna il protagonista nel lungo cammino. Un cammino, conoscendo l’autore, che gli appartiene animato da tutte le persone che ha incontrato nel suo cosmo terracqueo, pescatori di spugne e di coralli, sommozzatori di profondità, di tonnare, padroni e custodi del loro denso bagaglio.
Giorgio immaginava la lotta tra gli uomini e i pesci e pensava che i pescatori fossero una specie di soldati come quelli disegnati sui libri di scuola. Quelli che per lui erano veri eroi, però, erano «gli spugnari che andavano sottacqua per prendere le sponze e a volte si trovavano a fare le battaglie contro le piovre e i bistini (pescecani), là sotto, da soli, armati esclusivamente del loro coltello».
Il romanzo è denso di riferimenti alla pesca nel nostro Mediterraneo e a quella tipica delle zone occidentali dell’isola, sfocate sagome di prue di un passato laborioso e prolifico, come i grandi schifazzi a vela e motore, le barche che solcavano il mare «e con i loro equipaggi tornavano dalla Tunisia e dalla Grecia dopo la stagione di pesca». È rimasto ancora un vago ricordo nelle fotografie dell’epoca degli schifazzi che facevano la spola anche con le isole Egadi per trasportare, sale, conci di tufo e, per chi avesse la curiosità, ne è rimasto in vita solo uno nella sede della Lega Navale di Trapani, in corso di restauro, grazie al dono di un avvocato trapanese appassionato di mare scomparso prematuramente.
Ma il racconto unisce tutto il Mediterraneo e i Paesi che vi si affacciano e anche il nome di Giorgio è un omaggio del padre ad un famoso spugnaro greco Georgios, «quello che tanti anni prima vicino a Rodi andò a ripescare l’ancora della corazzata Regina Margherita perduta dal capitano a quasi ottanta metri di profondità».
Nella prosa asciutta e lirica, che a tratti evoca la poesia, passano le suggestioni del primo incontro con il piacere di Giorgio con la Principessa, donna bellissima ed enigmatica che sbarcava sull’isola senza un compagno al suo fianco e si sedeva al sole ad accarezzarsi i capelli mentre i ragazzi dietro ai muretti a secco immaginavano piaceri ancora da venire; l’incontro con Angelina «la ragazzina che gli era entrata nel cuore» e con Annuzza che avrebbero potuto cambiargli la vita, o le giornate di pesca trascorse con Vilfredo, e via via che la vita passava la cartolina che lo richiamava al servizio militare, le immersioni in tonnara per recupere tonni e pescespada ammagliati o riparare reti danneggiate.
Ma su tutti, metafora dell’attesa e della leggerezza, un gabbiano è la presenza costante, l’unico con cui il protagonista condivide «l’amarezza e il crollo di tutte le illusioni». In un finale amaro e malinconico, Cianchino, l’amico di sempre, senza un’ala, seguirà il destino di Giorgio colpito da un’embolia, vivo ma rimasto prigioniero di una sedia a rotelle… illusioni solo illusioni … «eravamo già quello che siamo ma non lo sapevamo».
Dialoghi Mediterranei, n. 63, settembre 2023
_____________________________________________________________
Mariza D’Anna, giornalista professionista, lavora al giornale “La Sicilia”. Per anni responsabile della redazione di Trapani, coordina le pagine di cronaca e si occupa di cultura e spettacoli. Ha collaborato con la Rai e altre testate nazionali. Ha vissuto a Tripoli fino al 1970, poi a Roma e Genova dove si è laureata in Giurisprudenza e ha esercitato la professione di avvocato e di insegnante. Ha scritto i romanzi Specchi (Nulla Die), Il ricordo che se ne ha (Margana) e La casa di Shara Band Ong. Tripoli (Margana 2021), memorie familiari ambientate in Libia.
______________________________________________________________