Trent’anni fa veniva pubblicato il volume Il Liberty a Trapani di Lina Novara e Maria Antonietta Spadaro, edito dall’Associazione nazionale insegnanti di Storia dell’arte. La pubblicazione negli anni aveva trovato un posto nella storiografia sugli studi sul Liberty; la città conservava molte testimonianze, raccolte con rigore scientifico dalle due storiche dell’arte, che restituivano una visione organica dello stile della fine Ottocento inizi del Novecento che in questa parte occidentale della Sicilia, vedeva come pioniere il celebre l’architetto Ernesto Basile, autore di molti edifici nella Palermo della Belle Epoque, e si concretizzava negli studi successivi dei trapanesi Francesco La Grassa, suo allievo e di Giuseppe Manzo.
«Realtà urbane che prima di allora non avevano avuto la giusta consacrazione perché realizzate da artisti non di primo piano, ignorati dagli studi di evidenza nazionale e riferiti a realtà periferiche come la città di Trapani» rileva adesso Ettore Sessa nella prefazione alla riedizione del “vecchio” volume del 1990, stampato nel settembre scorso per le edizioni Kalòs con il titolo Trapani liberty – Architetture e protagonisti della modernità, sempre a cura di Lina Novara e Maria Antonietta Spadaro.
Il volume è stato aggiornato da nuovi studi sul Liberty cittadino seguendo il criterio della selezione degli edifici ed evitando quello della mera catalogazione, come spiegano le due autrici che, trent’anni dopo, sottolineano: «Qualche restauro è stato effettuato ma talvolta hanno preso il sopravvento il degrado e l’abbandono di edifici che meriterebbero più attenzione».
Nella nuova edizione inoltre vengono messi in evidenza con maggiore vigore gli interpreti del Liberty trapanese, vale a dire gli ingegneri architetti Francesco La Grassa e Giuseppe Manzo, evidenziando «aspetti poco conosciuti o inediti dei protagonisti della modernità». In appendice inoltre è stato dedicato uno spazio alla chiesa di Sant’Antonio a Favignana «un piccolo scrigno liberty», alla vita del musicista Antonio Scontrino e al monumento ai Caduti coevo al Palazzo delle Poste, del palermitano Antonio Ugo, a lungo collaboratore di Ernesto Basile
Ripercorrere le strade del liberty cittadino significa addentrarsi nella storia della città dopo il 1860 quando «a tenere le redini dell’economia cittadina erano le famiglie D’Alì, Adragna, Ricevuto, Bulgarella, Platamone e Aula» che commissionarono progetti di edifici firmati Francesco La Grassa, Giuseppe Manzo e Nicola Adragna Vairo. Le costruzioni erano ispirate all’Art nouveau che risentiva pienamente dell’impronta di Ernesto Basile che tanto aveva operato a Palermo. Scrivono nelle note le autrici: «Il liberty trapanese potremmo definirlo un “liberty di facciata” in quanto, tranne i pochi progetti di La Grassa – come la Casina delle Palme, il Palazzo delle Poste o i Villini Ricevuto e Platamone – il nuovo linguaggio si risolve in decorazioni floreali e lineari, più o meno elaborate, che si sviluppano nelle superfici terse e squadrate».
Si scopre anche l’importanza delle maestranze che lavorarono fianco a fianco dei professionisti, come quelle dei primi del Novecento dei fratelli Gaspare, Giuseppe, Rosario, Salvatore e Santoro Ferrante costruttori edili, grazie ai quali vennero realizzati palazzi liberty ancora oggi testimonianze di pregevole architettura: la Casa Verde e la Casa Rossa, la prima così detta per il colore del prospetto con una grande varietà di decorazioni; la seconda, più rigorosa che sorge alle spalle della via G. B. Fardella, che invece scontò a differenza della prima la mancanza di fondi per cui – spiegano le studiose – «le protezioni dei balconi vennero realizzati in cemento e non dai fabbri ferrai».
Dato interessante riportato nel volume è che spesso «sono i pavimenti e gli apparati decorativi a trasformare gli spazi abitativi in interessanti ambienti liberty» con le cosiddette “cementine” o con formelle in graniglia di frammenti di marmo che decorano le stanze, gli atri e i saloni. Sono tanti gli esempi di liberty che si trovano sparsi per la città e anche in periferia visibili esternamente grazie a fregi floreali posti sopra i portoni, in alcuni edifici in via Baracche, nel portale di un negozio che ospitava la Premiata fabbrica torinese di Luigi Manfra & C. ora sede della libreria del Corso, o nella casa Panfalone alle falde di Erice. Tracce di un’epoca che vanno scomparendo a causa dell’incuria o del degrado ma che avrebbero necessità di essere valorizzate, testimoni della bellezza estetica di un’epoca architettonicamente ed economicamente felice.
Nel volume le architetture liberty vengono analizzate minuziosamente in tutti i particolari e gli edifici esaminati hanno preso il nome del primo proprietario: casa La Barbera, Villa Laura, Casa Occhipinti, Casa Agueci, Casa Verde, Villino Ricevuto, Villa Platamone, Villa Aula, Casina delle Palme, Palazzo Montalto e Palazzo delle Poste.
Un intero capitolo è dedicato al Villino Nasi, la costruzione fatta realizzare nel 1898 dal politico Nunzio Nasi su un isolotto oggi unito alla terraferma detta “lo scoglio”, edificio che è parte caratterizzante della zona portuale della città, tra la Torre di Ligny e la Colombaia. Ad impianto quadrangolare, in origine era ad un piano, è caratterizzato da un prospetto bugnato rustico che gli ha consentito una decente preservazione fino ai giorni nostri.
La costruzione porta la firma dell’ingegnere Giuseppe Manzo mentre la sopraelevazione avvenuta nel 1908 è opera di Francesco La Grassa, sostanziandosi nell’eliminazione “del tetto a spiovente”. L’interno è magnificamente decorato con pitture floreali e di uccelli dal pittore Giuseppe Saporito e ampia attenzione è dedicata anche agli arredi in stile liberty. «L’alta qualità dei mobili ricorda creazioni di ambito basiliano prodotti tra il 1902 e il 1903 nello stabilimento Ducrot a Palermo».
Un intero capitolo si sofferma sui protagonisti del periodo. L’ingegnere-architetto Francesco La Grassa (Trapani, 1876-Roma 1952), a cui si deve la maggior parte degli edifici ancora esistenti, era nipote dell’autore dell’organo monumentale della chiesa di San Pietro che Luca Scavedi, che gli ha dedicato una monografia, considera «tra gli allievi di Basile fra i più fedeli e i meno ortodossi nella sofferta concettualizzazione dei problemi espressivi». Scrivono le autrici in proposito: «La fedeltà a Basile sarà il marchio delle opere trapanesi, soprattutto nella prima fase».
Giuseppe Manzo (Trapani, 1858-1931) fu un altro protagonista dello stile liberty cittadino, capo dell’Ufficio tecnico comunale e poi insegnante, progettò la casa di maternità per la Congrega di Carità, diresse i lavori di restauro dell’Annunziata, si occupò della rete idrica, progettò l’ospedale Psichiatrico e l’ospizio Marino e casa Occhipinti in centro storico. All’ingegnere Nicola Adragna Vairo, capo dell’Ufficio tecnico della Provincia, si deve tra il 1874 e il 1878 il Palazzo della Prefettura di impronta classicista con «vago accento modernista in alcuni decori dei soffitti».
Le tante curiosità e le scoperte che si incontrano nella lettura della pregevole opera consentono un percorso organico di studio che accredita il liberty trapanese come “minore” nel contesto siciliano ma perché geograficamente dislocato e fa emergere le sue caratteristiche e i suoi protagonisti, artisti di un’epoca nella quale anche le maestranze e i committenti avevano un ruolo decisivo, evidenze utili anche per ricostruire la realtà sociale ed economia di quel periodo.
Un percorso tracciato che andrebbe valorizzato con opere di restauro e di valorizzazione che solo qualche privato illuminato ha intrapreso, come nel caso, piuttosto recente, dell’edificio di via Osorio, progettato dal giovane studente La Grassa nel 1904 per Alberto La Barbera, e sapientemente ripreso dall’imprenditore Gaspare Panfalone.
Dialoghi Mediterranei, n. 64, novembre 2023
_____________________________________________________________
Mariza D’Anna, giornalista professionista, lavora al giornale “La Sicilia”. Per anni responsabile della redazione di Trapani, coordina le pagine di cronaca e si occupa di cultura e spettacoli. Ha collaborato con la Rai e altre testate nazionali. Ha vissuto a Tripoli fino al 1970, poi a Roma e Genova dove si è laureata in Giurisprudenza e ha esercitato la professione di avvocato e di insegnante. Ha scritto i romanzi Specchi (Nulla Die), Il ricordo che se ne ha (Margana) e La casa di Shara Band Ong. Tripoli (Margana 2021), memorie familiari ambientate in Libia.
______________________________________________________________