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Turismo: impatto ecologico e nuovi orizzonti pedagogici

@Agribimbi

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di Lina Romano 

Il turista? Un nuovo Ulisse. Parlare di turismo è parlare dell’homo mobilis e consumens nelle sue diverse situazioni e molteplici sfaccettature, come ci ricorda nel suo recente contributo su Dialoghi Mediterranei Elena Nicolai [1]. Si è di fronte a un nuovo Ulisse figlio della modernità, del globalismo, della cultura del consumo, che costruisce la sua identità sul carpe diem, sull’ “usa e getta”, nell’ossessione di avere o fare sempre qualcosa di nuovo per essere felice. Ma, la sua felicità dura fino al prossimo imminente bisogno di fare, comprare, viaggiare, vivere una nuova esperienza immerso in una rete di scambi e di rapporti umani per niente umani o edificanti perché indotti dal consumismo. Il turista, oggi, impersona la nascita dell’io moderno in una comunità non sostenuta dal plebiscito quotidiano dei suoi membri, immersi in un nuovo concetto di libertà, nutrita dall’indottrinamento della civiltà globalizzata e individualizzata, espressa nella fedeltà ad acquistare-viaggiare-fare qualcosa di diverso sempre. Si tratta di una illusione di libertà che celebra l’appartenenza, lo stare insieme nel piacere, nel divertimento, nella seduzione di un nuovo acquisto o di un nuovo viaggio da intraprendere.

Scelta non condivisa ma individuale, in insignificanti legami umani, caratteristica della moderna società “liquida” (Bauman: 2011) [2], rappresentata da insoddisfazione, consumo, solitudine, bisogno di continuo cambiamento anche quando si è in compagnia.

In questo contesto storico-culturale turismo e turista mancano di una forma propria come la società in cui si svolgono e ricercano una fisionomia identitaria nuova nelle soluzioni offerte dall’industria turistica e dell’esperienza di viaggio. Si viaggia senza incontrarsi, non c’è la vitalità dell’agorà che lega il turista alla libertà qualitativamente umana, non c’è empatia, non c’è amore, anche questo liquido, ma consumo. Il fenomeno del turismo massificato e dell’overtourism, come tutta la modernità, ha una sola costante: il cambiamento e la certezza dell’incertezza.

2Emerge l’urgenza di delineare e promuovere un’ecologia del turismo, di ridisegnare il rapporto dell’individuo con il territorio e l’ambiente a partire dall’infanzia, educando con e nella natura, nel rispetto del territorio, prima di tutto il proprio. Non si tratta di turismofobia o di una vana lotta al turismo, ma di ridisegnare innanzitutto la libertà di vivere pienamente il proprio territorio e di rivendicarne la proprietà a fronte di interessi economici sempre più aggressivi. Perché il viaggio  non  sia  un  bene  di consumo  con   conseguenze ecologiche e sociali negative e impattanti, si dovrebbe cogliere l’opportunità che offre una pedagogia del turismo (Bobbio: 2021) [3]. 

3Per una visione olistica del turismo: ecologia e sostenibilità 

Il turista è una delle espressioni dell’umanità presente, sperimenta il vorticoso succedersi dei desideri che, appena soddisfatti, diventano obsoleti e ne nascono di nuovi nella celebrazione dell’autoaffermazione dell’individuo. Viaggiare agevolmente, diffusione di tecnologie, aumento della produzione, di prodotti di scambio e servizi, competitività economica, sviluppo dell’informazione, omogeneità culturale, instabilità relazionale, fragilità delle istituzioni: sono i tratti distintivi della contemporaneità dove il moderno Ulisse, nell’arte di essere mortale, vive con illusoria gioia il presente, “di doman non c’è certezza” (Lorenzo dei Medici, Canzone di Bacco e Arianna) [4].

Tale provvisorietà strutturale si riverbera nell’imposizione di pacchetti turistici, sempre più bisogni indotti in un vero e proprio mercato dell’esperienza e del movimento che impatta sui luoghi, li muta improntandoli ad una provvisorietà frenetica, ad un vuoto senza cittadinanza. Provando a contenere e modificare in senso virtuoso il turismo di massa e l’overtourism da una visione olistica, il turista, homo mobilis (Michea: 2014) [5]  e sempre più consumens, si misura col proprio impatto ecologico sulla cultura del territorio e l’ambiente (Cfr. Bateson: 2000) [6] in una rete di relazioni che si influenzano reciprocamente.

Secondo UNWTO [7] il turismo sostenibile è un approccio olistico che mira a minimizzare gli impatti ambientali, sociali ed economici negativi dei flussi turistici e a massimizzare quelli positivi sul territorio e la comunità locale. È una visione che riguarda la persona nella sua capacità sensoriale e di apprendimento esperienziale (Dewey: 1938) [8] in relazione con i luoghi, le comunità e il senso liturgico dei gesti. Il nostro moderno Ulisse, se accoglie l’invito a cambiare approccio, viaggia, esplora, scopre e sperimenta culture, voci, lingua, arte e fedi coglie col corpo- la mente e lo spirito, fortemente interconnessi, il contesto sociale, ambientale e spirituale del luogo prescelto in cui si trova e il significativo reciproco impatto sulla qualità del soggiorno. Nella sua accezione più pratica la visione olistica incoraggia l’accettazione dell’equilibrio fra tutti i fenomeni del creato, dalla dieta equilibrata alla gestione saggia dello stress e delle relazioni, al tesoro del reciproco ascolto nelle varie situazioni, alla condivisione, l’intesa emotiva e la fiducia, qualità che non devono mancare al turista soggetto a contesti mutevoli e imprevedibili, dettati dalla reciprocità di presenza (Perucca: 2012: 46) [9].

4Nel frenetico mondo moderno che tende ad analizzare ogni situazione slegata dal resto della realtà, senza soffermarsi sulle connessioni e interdipendenze con altri aspetti del vivere, il pensiero olistico è a favore di una visione del mondo equa e armoniosa, con individui consapevoli che ogni realtà è parte di un sistema connesso a tutti gli altri per l’equilibrio del pianeta e la vita dei suoi esseri. Da Spinoza a Giordano Bruno al neoplatonismo di Plotino, una sola anima connette tutti gli aspetti del creato; non si può comprendere a pieno un fenomeno, quindi anche quello del turismo di massa, senza considerare il suo impatto sul sistema composto di più parti. Qual è allora una condizione necessaria per una ecologia del turismo? Sembra di non sbagliare individuando nel numero di presenze una prima, imprescindibile variabile. E per gestire il numero di turisti, non basta stabilire un tetto massimo agli arrivi: bisogna agire sui fattori di attrazione e sulla tenuta del territorio in termini di stabilità residenziale e diversificazione delle attività economiche, evitando la monocultura del turismo. Per non diventare città a tempo (temporary cities) o luoghi naturalistici devastati dall’eccessiva presenza di turisti, è necessario che il territorio sia pensato e strutturato nel rispetto dei suoi equilibri e della popolazione residente. Se c’è chi vive e nel territorio rimane, allora chi è di passaggio incontra una comunità e non la sua vuota rappresentazione: in essa trova il limite al suo impatto. Il turismo difatti

«ha una particolare relazione bidirezionale con l’ambiente: da un lato, la qualità dell’ambiente è essenziale per il successo del turismo, in quanto molto spesso è ciò che attira le persone, spingendole a visitare un luogo, e le convince a tornarvi; dall’altro, il turismo può diventare il vettore di significative pressioni e impatti sull’ambiente. I potenziali effetti negativi dello sviluppo turistico sono legati a tre ambiti principali: la pressione sulle risorse naturali, l’inquinamento e gli impatti fisici, che implicano generalmente il deterioramento degli ecosistemi» [10].

Il fenomeno del turismo di massa non è esso stesso isolato ma causato da una concatenazione di scelte e movimenti economici, di mode; si pensi ad esempio al ruolo determinante dell’offerta di voli low cost che orienta e massifica diverse mete (Siciliano, Vismara: 2007) [11]. La geografia del turismo, legata alla motivazione- lo spazio- il tempo e la modernizzazione dei mezzi di trasporto è un costume sociale, soprattutto nei luoghi di prossimità geograficamente definiti e qualificabili.

Il soggiorno turistico, momentanea convivenza tra diversi, non deve espletarsi come sofferenza delle comunità ospitanti, provocando la delocalizzazione dei residenti, l’aumento delle disparità locali, la perdita delle identità e delle economie del luogo: consumi, acquisti, stile di vita, degrado ambientale, perdita dei negozi e servizi di prossimità. Il turismo, se contenuto e educato, può essere incontro, finestra sull’anima del luogo scelto. Da qui l’invito accorato a che il turismo non sia esplosivo ma modulato secondo le urgenze del mutamento, nel rispetto dei luoghi, delle umanità che vi abitano e di una piacevole accoglienza del forestiero.

Fortunatamente si registra una sempre maggiore attenzione a questi aspetti e per questo anno 2024:

«Sul piano dei trend che andranno a consolidarsi nei prossimi mesi, la più grossa novità è rappresentata dal turismo rigenerativo, che cerca di ripristinare e rivitalizzare gli ecosistemi, sostenere la conservazione della cultura locale e migliorare il benessere delle comunità. A differenza del turismo sostenibile non prevede di compensare gli impatti negativi, ma di dare più di quanto si raccoglie. Guadagna sempre più terreno l’ecoturismo, ovvero la fruizione di esperienze in contesti naturali, come parchi nazionali, riserve e aree ecologicamente sensibili. I viaggiatori sono sempre più interessati a entrare in contatto con la natura e la fauna selvatica, riducendo al minimo il loro impatto. Il settore dell’open air, tra campeggi e villaggi, costituisce il 25% dell’offerta turistica complessiva italiana e ha registrato negli ultimi anni un costante aumento della domanda. Meno “mainstream”, ma in costante crescita è anche il turismo basato sulle comunità locali, che si concentra sul coinvolgimento diretto delle stesse nello sviluppo del turismo, assicurandosi che ne traggano beneficio» [12].
https://www.scienzainrete.it/articolo/turismo-impatta-molto-sullambiente-ecco-quanto/jacopo-mengarelli/2023-09- 01

https://www.scienzainrete.it/articolo/turismo-impatta-molto-sullambiente-ecco-quanto/jacopo-mengarelli/2023-09- 01

Il turismo, in relazione con più dimensioni della realtà, può quindi essere co-costruttore di dialoghi nel hic et nunc insieme all’umanità che incontra, dominata come la sua, dalle forze omologatrici della modernità globalizzata.

Generalmente assistiamo però ad un progressivo, profondo disequilibrio: il turismo “è responsabile del 5% delle emissioni globali annue, soprattutto a causa dei trasporti, e il numero è in crescita. Inoltre, causa ancora consumo eccessivo di acqua, suolo e altre risorse naturali, con impatti su flora e fauna locali…E secondo quanto riportato dall’UNEP (il programma ambientale delle Nazioni Unite), senza fare la transizione ecologica, «il turismo genererebbe fino al 2050 un aumento del 154% nel consumo di energia, del 131% nelle emissioni di gas serra, del 152% nel consumo di acqua e del 251% nello smaltimento dei rifiuti solidi»[13]. 

Ci sono poi i noti effetti di turistificazione delle attività economicheIl paesaggio interno dei luoghi turistici, mutando secondo la legge di economia di mercato e le esigenze del turismo aumenta i luoghi di ristoro, gli alberghi, i negozi (Erschbamer et alii:2018) [14] e i cittadini perdono il senso di residenza del luogo, che resiste solo nelle espressioni del “sacro”. Queste, parlano di cultura del territorio, valorizzano l’“estraneità” e aprono un momento di dialogo e di rispetto con le tradizioni che non appartengono al forestiero. Le peculiarità di queste non passano nel racconto al turista, che non esperisce i valori del luogo ospitante con forti ricadute sulle sue aggregazioni sociali e comunitarie, sulla nascita di legami che influenzano il sentimento amicale, il senso estetico, il gusto, l’economia del luogo, la memoria storica delle tradizioni.

Un’espansione dell’offerta priva di originalità e un mercato caratterizzato di merci non proprie, da quelle enogastronomiche all’artigianato, alle espressioni d’arte, ai rituali propri del luogo, tolgono senso al ricordo che il forestiero porta con sé, hanno un pesante reciproco impatto negativo col territorio che, privato del suo sistema valoriale e storico lo nega a sua volta, al turista. Questo si scopre beffato dal breve tempo di permanenza nel luogo e dall’inganno di un globalismo fortemente impegnato in chiave economica non culturalmente umana. Una ecologia del turismo preme perché si realizzi la trasmissione culturale e delle tradizioni e il made in local si contrapponga fermamente all’industria dei souvenir a basso costo d’importazione per lo più cinese.

 

Overtourism: UNWTO Strategies for Managing Urban Destinations — Gaia Discovery

Overtourism: UNWTO Strategies for Managing Urban Destinations — Gaia Discovery

Se il flusso turistico esplosivo inonda i luoghi, questi diventano habitat senza nome con individui confusi in una caotica, cromatica, poliforme realtà, svuotata del suo significato intrinseco. Il turismo intensivo dell’homo mobilis e consumens, sia esso definito straniero, forestiero, emigrato, ospite, turista, dà impulso al capitale per alcuni e profonda miseria per altri.

L’iter che regola arrivi e partenze non soddisfa i picchi turistici che, pur dando slancio all’economia, danneggiano quelle più fragili e turbano la serenità della popolazione locale. Considerando qualche cifra, secondo il quotidiano La Repubblica [15] “per questa estate 2024 sono previsti 66 milioni di arrivi, mentre gli acquisti di case da affitto sale +20%”. Ora, secondo la medesima testata nel 2022 erano 650000 le case sui portali del turismo, mentre l’OMI (Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate) registrava numeri più bassi ma comunque rilevanti: “nel IV trimestre del 2023 sono state locate 241748 abitazioni”.

Con questi numeri, è possibile regolare l’indotto turistico, plasmarlo in termini di sostenibilità e rigeneratività, o l’ambiente è destinato a soccombere e le comunità locali, con la propria storia e tradizioni, soffrire assieme a lui? Ogni ambiente ha il diritto e il dovere di proteggere le proprie peculiarità e i flussi turistici di rispettare l’etica sostenibile dei luoghi ospitanti. Si tratta di un’ecologia di pensiero che cura la qualità della vita, come sosteneva il già ricordato Bateson, fino a giungere, si spera, a un’eco- pensiero universale che soddisfa i bisogni presenti, senza compromettere quelli delle generazioni future. Eh sì! La civilizzazione è una maschera alla dipendenza del potere economico. Il turismo riguarda la persona e questa non ha una mente o un pensiero ecologico, gli stessi concetti di bene e di male sono sfalsati e manca un’idea di rispetto e cura verso la natura, primo ambiente di vita da cui si riceve nutrimento. Il quotidiano, senza i valori che fanno le creature umane, si svolge così in un mondo che di ecologico non ha niente: scalcia, sporca, strappa sparge sporcizia per ogni dove ed educare l’individuo ad avere un cuore ecologico significa vincere forti resistenze. Si può pensare un futuro ecologico ma bisogna partire dal bambino, il solo che può preparare un domani migliore.

@Agriibimbi

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Educare in natura: dall’infanzia per una pedagogia del turismo

Non si può attendere oltre. È un’emergenza educare l’infanzia, guidarla verso un’adultità responsabile, sensibile, competente, dotata di amore verso il creato e di dedizione empatica verso la natura, fonte di vita, bellezza e comunità. I segni dei tempi chiamano a una conversione olistica dello stile di vita. Un salto nel passato? No. Solo una buona dose di rispetto verso gli equilibri che rendono possibile l’esserci e lo svolgersi della vita. Gli esseri umani devono interiorizzare   comportamenti   che, coinvolgono cuore-mente-mano nell’intreccio di ciò che apprendono con ciò che hanno già appreso. Svegliando il loro inconscio ecologico sopito, divengono motore di cambiamento relazionale e comunicativo nel processo di identificazione col luogo – le persone – le cose e lo traducono in rispetto verso tutto ciò che esiste per il bene collettivo e del pianeta. È un cambio di prospettiva che riconosce la persona natura, favorisce il dialogo fra le genti incastonate nei diversi luoghi, ma non alienate dall’essere persona impegnata a sperimentare la vita nelle sue differenti manifestazioni, con un processo di identificazione così ampio da vedere la natura in sé stessa. Il senso di affiliazione con tutte le forme di vita esistenti ha il suo impatto positivo anche sul fenomeno turistico che viene permeato di sensibilità ecologica.

La pedagogia suggerisce di promuovere pratiche educative responsabili in azioni che permettono efficaci soluzioni di problemi attuali e un impatto positivo sul turista impregnato di sensibilità ecologica. Partire dal bambino è il modo migliore per promuovere e veicolare un pensare ecologico obbediente a nuove forme di identificazione tra la storia umana e il mondo nel suo divenire. L’educazione guida ludicamente il bambino verso un’ecologia comportamentale attraverso la cura dell’ambiente, attore sociale che crea mondi possibili e modalità di interazione e funzionamento relazionale, bagaglio emotivo che segna l’età adulta con comportamenti sereni o conflittuali. Nell’ infanzia si modella l’adulto di una società giusta- morale- umana, priva di asimmetrie relazionali violente o sproporzionate che nelle narrazioni influenzano le emozioni, nutrono di assuefazione gli animi e tolgono al quotidiano la poesia del vivere. Le criticità dell’oggi derivano da comportamenti disfunzionali dell’umanità che non conosce il suo posto nell’ordine delle cose e si abbandona alla logica del consumo- all’incuria- alla politica del profitto- alla violenza. La responsabilità educativa si interroga, sente di doversi illuminare di paradigmi che liberino l’infanzia, umanità del futuro, dalle deleterie gabbie culturali del presente. In proposito faccio riferimento al recente programma in rete condotto da Elena Nicolai e Sabrina Carbone “Ho parlato a una capra” [16] che, divertendo, ha fatto emergere tristi verità e sollecitato coraggiose soluzioni nel portato esperienziale umano, con la consapevolezza di poter esperire il possibile in milioni di modi. Come? Basta varcare la soglia. Bellissima espressione di E. Del Gottardo (2009) [17] rivolta ai bambini, valida anche per gli adulti, più ampliamente argomentata nel testo Bambini intraprendenti. La scuola in campagna (Paparella N. Del Gottardo E. 2023) [18], dedicato ad AGRIBIMBI [19], locus amoenus ideale per una educazione in natura, con la natura, per la natura.

9“Varcare la soglia” è un invito a tuffarsi in esperienze relazionali e di conoscenza in cui il bambino o l’adulto prova la sua competenza in attività col paesaggio e gli esseri che lo abitano, imparando a guardare il mondo da una giusta prospettiva nelle differenti realtà. Un’educazione ecologica ed ecosostenibile caratterizzata da eterogeneità dell’apprendimento nella pedagogia dell’incontro. Altre attività outdoor caratterizzano AGRINIDO, AGRIASILO, scuole in campagna, poli di eccellenza dell’educazione per contrastare i modelli culturali in cui è immersa l’umanità infantile [20]. Queste attuano un viaggio “dentro” e “fuori” l’anima del bambino nel rispetto dei suoi ritmi evolutivi, cavalcano le fragilità, partecipano stupore e gioia di stare insieme (il noi), fonti di ideazione- creatività e piacere di “fare” da cui derivano conoscenza- accettazione della propria e altrui diversità- consapevolezza del proprio posizionamento e scelta di orientarsi per raggiungere un nuovo spazio ludico. L’apprendimento olistico si attua così nella relazione con le cose- le persone- la vegetazione- lo spazio- il lento scorrere del tempo- il “fare” con apertura alla comprensione- alla disponibilità- all’amore, punti chiave su cui costruire il futuro di un’umanità in rete che annoda il prima e il dopo e insegna l’empatia, il senso di comunità (oggi assente) in spazi che sono luoghi di ascolto e narrazione. Il senso dell’esistere è nella parola, strumento di comunicazione che pone in relazione gli esseri fra loro. Il pensiero, invece, dialoga col cuore e con sé stesso ed immagina emozioni a scelte da concretizzare, AGRIBIMBI rientra tra queste. La sua grammatica educativa improntata all’ecologia affettiva in una prospettiva circolare (Del Gottardo:2016) [21] si basa sull’empatia e il bene comune derivati dall’impegno collettivo e sul concetto di “scuola vita essa stessa” (Dewey: 1938).

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Lontani da gabbie culturali, in natura la piccola Odissea che prepara il bambino alla sua adultità si compie tra emozioni declinate nella fisicità dell’azione ludica, nutre l’architettura del suo pensiero e l’empireo della libertà d’azione coniugata nella lucidità della “bolla immaginativa” (E. Del Gottardo). Sono momenti non scontati, ma avventure cariche di significato nell’abbraccio della natura, parlano la lingua del cuore propria dei bambini, capaci di vestire dei colori della propria anima le cose e animarle.

La corretta relazione con sé stessi, gli altri e l’ambiente, è ciò che configura il ben-essere: acquisire da bambini questa giusta impostazione permette di resistere alle lusinghe dei bisogni indotti e delle promesse di felicità dei brand turistici. Reimpostando l’equilibrio con la natura, si apprende che non è un prodotto, una commodity per cui pagare acquistando un viaggio, ma un bene comune da tutelare e garantire ad ogni comunità.

Educare in natura e con la natura è interrare nell’infanzia i semi di una catechesi olistica che dura tutta la vita nelle liturgie del quotidiano, nel rispetto del rapporto col proprio ed altrui territorio. Educa fin da piccoli alla gestione di un turismo sostenibile e responsabile che interrompa quello estrattivo dell’industria turistica mainstream.

Dialoghi Mediterranei, n. 69, settembre 2024 
Note
[1]  https://www.istitutoeuroarabo.it/DM/venezia-dellisola-bucata-e-delle-diverse-sue-ossessioni/
[2] Bauman Z. (2011), Modernità Liquida Laterza Bari.
[3] Bobbio A. (2021), Pedagogia del viaggio e del turismo, Scholé.
[4] Canzona di Bacco – Treccani – Treccani
[5] Michéa J. C. (2014), Le complexe d’Orphée. La gauche, les gens ordinaires et la religion du progrès, Flammarion.
[6] Bateson G. (2000), Verso un’ecologia della mente, Adelphi.
[7] https://www.unwto.org/ 
[8] Dewey J. ([1938] 2014), Esperienza ed educazione, R. Cortina.
[9] Perucca A., Simone M. G. (2012), Società-mondo e pedagogia della differenza, Guida, Napoli.
[10] https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2017/599327/EPRS_BRI(2017)599327_IT.pdf
[11] Siciliano, Vismara (2007), Gli effetti turistici del trasporto aereo low cost, Milano. http://www.sietitalia.org/siet9/papers/Siciliano-Vismara_SIET%202007.pdf
[12]  https://ambientenonsolo.com/turismo-sostenibile-le-tendenze-per-il-2024/
[13] https://www.scienzainrete.it/articolo/turismo-impatta-molto-sullambiente-ecco-quanto/jacopo-mengarelli/2023- 09-01
[14] https://webassets.eurac.edu/31538/1657705708-09-25-overtourism-it.pdf
[15] https://www.repubblica.it/viaggi/2024/06/27/news/estate_2024_mercato_turistico_e_acquisti_seconde_case- 423311285/
[16] https://youtube.com/playlist?list=PLI_C34SIsTuXsRs65OLCF7Q_dAzm3C_XD&feature=shared
[17] Del Gottardo E. (2009), Progettazione per l’educatore di strada. Il modello generativo, in Il progetto educativo, a cura di N. Paparella, II, Armando, Roma.
[18] Paparella N., Del Gottardo E. (2023), Bambini Intraprendenti. Fare scuola in campagna Fare scuola Franco Agneli.
[19] https://www.agribimbi.it/
[20]  https://innovazione.indire.it/avanguardieeducative/outdoor-education
[21] Del Gottardo E. (2016) Comunità, competenze, capacitazione, in DEL GOTTARDO E. (ed.), Apprendimento. Verso la comunità competente.
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Lina Romano, insegnante di scuola primaria, ha esercitato attività di educatrice nel Salento in provincia di Lecce e nel Veneto, in provincia di Venezia. In pensione, si dedica alla promozione e supporto di iniziative educative per l’infanzia nel Salento e, in particolare, dell’outdoor education. Ha pubblicato sulla rivista trimestrale Amaltea alcuni contributi: Pianeta Rosa. La donna e le sue dimensioni sociali, storiche e di costume; Le Donne di Ulisse tra ieri e oggi. Fedeltà- Seduzione-Inganno. Donna dell’Oikos e soggetto sociale; “Il sogno di una cosa” di Pasolini: recensione; “Il mare perché corre” di Livio Romano: recensione.

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