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Turismo indigeno. Un progetto per un Totem Resting Park a Vancouver Island

Totem Pole in Stanley parK (ph. Linda Armano)

Totem Pole in Stanley Park (ph. Linda Armano)

di Linda Armano

Diversi fattori rendono il turismo un interessante ambito di studio per l’antropologia soprattutto per il fatto che spesso vengono implicati incontri faccia a faccia tra persone con background culturali diversi (Lett 1989). Pratiche turistiche sono presenti nella maggior parte delle società umane. Itinerari che fino a qualche tempo fa costituivano dei meri contesti di ricerca etnografica per gli antropologi e sembravano essere poco attraenti per i turisti, oggi si stanno aprendo sempre più ai flussi sempre più massici anche grazie a miglioramenti delle reti transnazionali e delle infrastrutture (Lanfant et al 1995). L’importanza economica del turismo è un altro interessante ambito di ricerca per gli antropologi. In questo caso, il turismo viene considerato come un contesto in cui transitano beni, servizi e persone (Greenwood 1989).

La ricerca antropologica sul turismo si è però essenzialmente concentrata su due tematiche principali: da un lato gli studi hanno analizzato le origini storiche di pratiche turistiche (Adler 1989; Towner & Wall 1991) e dall’altro essi si sono rivolti alla comprensione degli impatti locali causati dai flussi (Cohen 1988). Nel loro insieme i dibattiti esistenti però, analizzando solo una per volta le parti dell’incontro tra ospitati ed ospitanti senza restituire uno sguardo d’insieme, tralascia un avanzamento teorico e metodologico per poter studiare, per esempio, significati cross culturali che si formano tra momenti dedicati al lavoro e al tempo libero (Nash 1981), le dinamiche e gli impatti interculturali tra turisti e locali (Silverman 2001), oppure le trasformazioni delle tradizioni culturali sulla base delle aspettative dei turisti (Leong 1989). Malgrado il crescente interesse degli antropologi su tematiche legate al turismo, non ci sono quindi ancora chiare comprensioni dei motivi per cui le persone e le comunità locali che ospitano turisti si coinvolgono nei processi turistici.

Altri recenti dibattiti antropologici sul turismo si sono interessati a come le pratiche turistiche si interconnettono, diacronicamente e sincronicamente, a forme di potere che possono essere riconducibili al colonialismo. La ricerca ha dimostrato come la produzione e il consumo turistici continuano a riprodurre strutture, sistemi e narrazioni colonizzanti che interessano categorie di tempo e di spazio (Grimwood 2019). Tali studi hanno messo in luce anche come lo sviluppo di progetti turistici abbiano provocato espropriazioni delle terre indigene e lo sfruttamento delle risorse lì presenti a beneficio di aziende o dello Stato (Cooke 2017). Solo recentemente studiosi e aziende turistiche hanno riconosciuto l’importanza di includere nei processi di realizzazione di progetti turistici anche le conoscenze e i sistemi di valori indigeni. All’interno di tale svolta c’è stato un incremento della consapevolezza delle epistemologie ed ontologie indigene che forniscono una nuova lettura di come possa essere concepito il turismo e come possano essere inaugurati nuovi modi per relazionarsi ad esso (Chambers 2019).

Questo contributo prende le mosse da alcune lezioni del corso “Tourism and Hospitality Management” a cui partecipai, tra settembre e dicembre 2023, in veste di speaker e ascoltatrice, tenuto presso la Royal Roads University di Victoria in Canada a cui hanno preso parte anche i capo e l’ex capo della comunità indigena dei Kwakiutl della costa nord-orientale canadese. Questa comunità, il cui nome significa “coloro che parlano Kwak’wala” (https://www.thecanadianencyclopedia.ca/en/article/kwakiutl), vive nelle zone costiere di Vancouver Island e nell’entroterra della British Columbia. In particolare, i capo e l’ex capo della comunità indigena erano interessati a scambiare idee con i partecipanti al corso per avere alcuni suggerimenti su come costruire un progetto turistico attorno ad un totem pole. La comunità Kwakiutl, vedendo la gestione impropria del totem pole presso Peace Arch Provincial Park in British Columbia, intendeva incrementare il Totem Resting Park a Vancouver Island. Nello specifico tale progetto mirava a realizzare un luogo di sepoltura per, come li definirono loro, totem morenti all’interno delle loro terre ancestrali. Questo progetto non aveva solo uno scopo turistico, ma serviva anche da laboratorio per valutare l’importanza di affrontare la fine della vita per i totem danneggiati dal tempo. Per i Kwakiutl, come per altre comunità indigene canadesi e del nord America, rimuovere un totem costituisce un insulto nei confronti dei loro antenati. Toccando un totem si riesce, secondo i Kwakiutl, a percepirne l’anima. Per tale motivo, essi devono essere maneggiati con cura e bisogna avere un profondo rispetto anche quando stanno finendo la loro vita. L’importanza di trovare un luogo adatto per seppellirli è quindi di fondamentale importanza. La missione più ampia di tale progetto era inoltre quella di incoraggiare altre comunità indigene a costruire luoghi di sepoltura per i totem al fine di offrire nuove opportunità educative sia a persone indigene che non indigene, tra cui i turisti, e tramandare la cultura nativa alle generazioni future.

Incrementi di attrazioni turistiche anche in aree remote

Incrementi di attrazioni turistiche anche in aree remote

Sappiamo bene che i totem rivestono una grande importanza per le popolazioni indigene del nord America. Derivante dal termine ototem della lingua degli indigeni ojibwa stanziati nell’odierno Michigan, totem significa “un mio parente” (Ember, Ember 1996). In alcune società indigene l’animale totemico prescrive anche dei taboo che il clan deve osservare e che riguardano, per esempio, il divieto di alimentarsi di certi cibi oppure uccidere l’animale totemico. Per i Kwakiutl, così come per altre comunità indigene della costa nord-occidentale del Canada, i totem sono monumenti che vengono eretti in modo da essere ben visibili alla comunità e sono costruiti per rappresentare e commemorare gli antenati. Solitamente realizzati in cedro rosso che è un legno malleabile molto presente nelle zone del Pacifico nord-occidentale, nella maggior parte dei casi sui totem sono incisi, in maniera stilizzata, forme umane, animali o esseri sovrannaturali che simboleggiano una discendenza di una specifica famiglia e convalidano i diritti che la famiglia stessa possedeva. I totem tradizionalmente servivano a documentare e notificare storie familiari agli altri membri della comunità o a particolari membri della famiglia o del clan. Essi possono inoltre essere realizzati anche come testimonianze per ricordare un determinato evento o una persona importante.

Durante il corso tenuto presso la Royal Roads University, alcuni studenti esposero un’idea per sviluppare il progetto turistico relativo al totem pole. Essi spiegarono che al fine di pianificare un parco in cui far riposare i totem, dovettero analizzare il recente incremento del mercato del turismo indigeno in Canada e, più in particolare, in British Columbia. Dal punto di vista teorico, gli aspetti immateriali e materiali che interessano lo sviluppo del turismo indigeno hanno ottenuto un seguito soprattutto a partire dalla seconda metà del XX secolo. Antropologi e sociologi furono i primi accademici ad esplorare come concetti quali “autenticità” potevano essere interpretati dalle comunità indigene. In tal modo, questi studiosi furono senza dubbio i precursori degli studi incentrati sugli impatti del turismo sui popoli indigeni e su nuove concettualizzazioni di turismo dal punto di vista delle comunità native.

Le tematiche attorno al turismo indigeno che attrassero l’attenzione degli studiosi furono inoltre le questioni relative alla mercificazione di vari aspetti della cultura nativa e all’interpretazione di questi ultimi da parte dei turisti. Tali riflessioni vennero anche utilizzate per finalità più pratiche e progettuali ed applicate da un lato a questioni su come mitigare gli impatti negativi causati dal turismo e dall’altro garantire ai turisti l’opportunità di avere esperienze significative di altre culture e stili di vita (Almagor 1985). A livello più generale, il turismo indigeno è considerato come un mezzo per facilitare i benefici socio-economici per le persone indigene. Soprattutto dall’inizio degli anni Novanta, un filone di studi cominciò ad interessarsi a questioni relative alle ricadute di prosperità economica in contesti remoti in cui vivono le comunità native, ma anche alle tensioni tra strategie di marketing e attriti culturali con cosmologie locali. Un tema spesso ricorrente in questi studi è la concezione secondo cui le comunità indigene che sviluppano forme di turismo in zone remote o in aree urbanizzate condividono aspirazioni e sfide simili che riguardano, per esempio, come facilitare l’occupazione, migliorare lo stile di vita delle persone e fornire opportunità ricreative ed educative per i membri del gruppo. 

3-native-tours-the-anthropology-of-travel-and-tourismSuggerimenti per un progetto turistico del Totem Resting Park 

Ad alcuni studenti fu commissionata, come parte integrante dell’esame del corso, una proposta progettuale del Totem Resting Park a Vancouver Island. Essendo però un corso di “Tourism and Hospitality Management”, gli studenti si focalizzarono essenzialmente sui potenziali punti di forza economici che un tale progetto avrebbe portato alla comunità indigena. Tra questi punti di forza gli studenti prestarono attenzione soprattutto ai possibili partner che avrebbero potuto promuovere e finanziare le attività del Totem Resting Park. Tra questi partner, secondo gli studenti, potevano rientrare BC Parks che comprende una rete di parchi nella regione della British Columbia. ITAC, ossia un’associazione turistica indigena canadese la quale, in relazione a questo progetto, avrebbe potuto aiutare a riunire diversi gruppi indigeni e contribuire a rinforzare una rete di relazioni di supporto per scambiare conoscenze su una piattaforma comune. Un’altra partnership poteva essere proposta con resort e lodge nella regione che avrebbero potuto facilitare la promozione e pubblicizzare il Totem Resting Park. Gli studenti proposero anche che il parco avrebbe potuto offrire pacchetti turistici ad una tariffa scontata agli ospiti alloggiati in altri resort e lodge della British Columbia al fine di fare risparmiare tempo e denaro ai visitatori. DMO, che comprende delle società di marketing canadesi incentrate sulla promozione di pacchetti turistici, sarebbero state tra i principali partner per pubblicizzare il progetto turistico e i servizi offerti.

Inoltre, The Mista Cultural Society, che costituisce un centro culturale indigeno, sarebbe stato importante per promuovere la cultura nativa e avrebbe dato la possibilità ad artigiani indigeni di vendere i loro prodotti artigianali. Fondamentali sarebbero stati anche i governi municipale, regionale, provinciale e federale oltre che vari istituti scolastici che avrebbero dato un supporto per la costruzione del parco fornendo risorse, fondi, permessi, licenze e avrebbero diffuso, soprattutto tramite le scuole, le iniziative culturali promosse dalla comunità per espandere la conoscenza sui totem anche alla popolazione non indigena. Gli studenti del corso avevano formulato una serie di strategie che avrebbero consentito alla comunità Kwakiutl di instaurare e mantenere queste partnership anche attraverso relazioni attive con partner del settore, gruppi commerciali, organizzazioni di gestione delle destinazioni e media. Gli studenti sottolinearono l’importanza di creare materiali promozionali con fotografie e grafici di qualità editoriale e di sviluppare progetti per entrare nei mercati esteri tramite canali di distribuzione del settore dei viaggi. Affermarono inoltre che il Totem Park avrebbe dovuto avere un obiettivo che definirono “di prontezza” per garantire uno sviluppo turistico non solo nei mercati nazionali ma anche in quelli internazionali.

Dal punto di vista dell’analisi del mercato, gli studenti sottolinearono come la pandemia da Covid-19 ha offerto un’opportunità senza precedenti per l’intero settore del turismo indigeno spingendo i turisti canadesi a scoprire esperienze culturali diverse pur rimanendo all’interno della loro nazione. Tuttavia, l’ostacolo più significativo messo in luce fu il fatto che molti viaggiatori canadesi e stranieri faticano a comprendere nel profondo la cultura indigena oppure non sanno come farne esperienza.

Royal Roads University di Victoria in Canada

Royal Roads University di Victoria in Canada

Attraverso la loro ricerca di mercato, gli studenti evidenziarono inoltre che Canada, Cina, Germania, Regno Unito e Stati Uniti sono i primi cinque Paesi che potrebbero essere maggiormente interessati al turismo indigeno. Inoltre, la maggior parte dei turisti che visitano siti culturali indigeni nella British Columbia proviene dagli Stati Uniti. Durante la loro esposizione, gli studenti abbozzarono poi un piano operativo per implementare questo progetto. I ragazzi affermarono che i turisti apprezzano una destinazione quando essa offre sistemazioni di qualità, attrazioni, servizi e accessibilità, caratteristiche che rappresentano delle pietre miliari per sviluppare qualsiasi proposta turistica. Le sistemazioni per turisti avrebbero dovuto essere confortevoli. Gli studenti elencarono quindi alcuni esempi già esistenti da cui prendere spunto tra cui The Double Tent in Riding Mountain National Park in Manitoba oppure The Cocoon Tree Bed in Cape Breton Highlands National Park in Nova Scotia. Forme di attrazione avrebbero dovuto includere musei, gallerie di arte indigena, sale congressi ecc. I servizi avrebbero dovuto invece comprendere tavoli da pic-nic, fontane per abbeverarsi, punti d ristoro, aree di evacuazione, cartelli con mappe in cui sono illustrati i servizi del parco. Nella categoria dell’accessibilità gli studenti inserirono la qualità dei percorsi per il trekking, servizi per le persone disabili, infrastrutture che agevolano gli spostamenti, servizi medici efficienti, ampi parcheggi ecc.

Dopo la loro esposizione i capo e l’ex capo indigeni, pur ringraziando i ragazzi, criticarono tale proposta affermando che essa risultava troppo generica ed incapace di cogliere nel profondo ciò che gli indigeni, dalla loro prospettiva, volevano trasmettere al di fuori della loro comunità. 

Kwakiuti Totem Pole (fonte httpswww.canada.caencanadian-heritageservicesart-monumentspublic-artkwakiutl-totem.html)

Kwakiuti Totem Pole (fonte httpswww.canada.caencanadian-heritageservicesart-monumentspublic-artkwakiutl-totem.html)

Decolonizzare il turismo indigeno 

Durante questa lezione del corso, chiesi quindi ai capo e all’ex capo indigeni come loro pensavano di colmare il gap culturale che poteva crearsi con i turisti che venivano a visitare il Totem Resting Park a Vancouver Island e come potevano comunicare, a persone che non condividono lo stesso background culturale, il valore che gli indigeni danno ai totem. Da questa domanda emerse un interessante dibattito sulla differenza tra esperienze di turismo etnico rispetto ad esperienze di turismo indigeno. Riprendendo le riflessioni di Carr et al. (2016), durante la lezione alcuni studenti hanno affermato come le comunità etniche possono essere considerate non soltanto indigene, ma anche migranti. Essi spiegarono che solitamente le comunità indigene possono essere composte da gruppi culturali che condividono la lingua, alcune credenze o linee di parentela. Le popolazioni indigene possono anche appartenere ad un gruppo etnico o culturale. Tuttavia, una caratteristica importante che contraddistingue i popoli indigeni dai gruppi etnici è che i primi sono accomunati dal fatto di essere stati colonizzati attraverso pratiche di espropriazione della terra e di inaccessibilità alle risorse naturali, alla cancellazione totale o parziale delle loro origini storiche e culturali.

Totem Resting park a Vancouver

Totem Resting Park a Vancouver

In riferimento alla mia domanda, il capo e l’ex capo indigeni della comunità Kwakiutl mi risposero che il loro modo per superare possibili incomprensioni culturali con i turisti non indigeni consisteva nel coinvolgerli direttamente in attività di sussistenza spiegando loro come, anche all’interno di esse, esistono aspetti sacri ed immateriali che si intrecciano a storie tradizionali della comunità e che tutto questo sistema di conoscenze native è incorporato nei totem. In altre parole, la comunità Kwakiutl si prefiggeva lo scopo di creare un ponte dialogico-culturale, basato su una relazione profonda, con la persona che stava loro davanti applicando ciò che vari studiosi, come Margaret Kovach (2010), chiamano ‘conversational method’. Quest’ultimo implica una partecipazione di reciproca comprensione attraverso la condivisione di storie personali concepite come mezzi per fornire un’assistenza materiale e spirituale alla persona che sta davanti. Il capo e l’ex capo indigeni hanno sostenuto inoltre la necessità di rieducare i turisti anche attraverso differenti narrazioni di cosa può essere un turismo indigeno rispetto a come esso viene attualmente comunicato. Spesso infatti si propagano narrazioni colonizzatrici sia all’interno delle aziende turistiche sia nelle ricerche sul turismo. Uno scopo importante che si prefigge la comunità Kwakiutl è quello di contribuire a creare uno spazio di decolonizzazione all’interno degli studi e dell’industria turistici. Rivolgendosi agli studenti e ai ricercatori presenti a lezione, i capo e l’ex capo indigeni affermarono l’importanza di una presa di responsabilità epistemica, vale a dire lo sforzo di raggiungere un posizionamento politicamente ed epistemologicamente responsabile quando si parla di turismo indigeno.

Il termine “decolonizzazione” dal punto di vista del suo significato politico si riferisce a un processo mediante il quale un gruppo colonizzato stabilisce e mantiene la propria indipendenza da un impero coloniale (Hargreaves, 2014). Durante la lezione però il significato di decolonizzare il turismo indigeno secondo il capo e l’ex capo della comunità Kwakiutl consisteva nel riconsiderare visioni indigene del mondo guidate da una sacralità verso la loro terra e verso le comunità che la abitano. Da qui l’importanza di unire una decolonizzazione del turismo indigeno ad un significato indigeno di sostenibilità il quale è, a sua volta, concepito come l’insieme delle attività, cerimoniali e di sussistenza, tradizionali il cui scopo intrinseco è quello di connettere, attraverso una relazione profonda, la comunità con l’ambiente. L’ostacolo principale per raggiungere forme di decolonizzazione del turismo indigeno consisteva, secondo il capo e l’ex capo indigeni, in una ignoranza disfunzionale della controparte non-indigena canadese riguardo alle richieste indigene di giustizia e di autogoverno. Inoltre, essi sottolinearono come la maggior parte dei canadesi rimane profondamente ignorante riguardo a come le strutture coloniali continuino a controllare e a danneggiare i popoli indigeni e le loro terre, ma anche a come le vite indigene e non indigene possano trovare nuovi percorsi per intrecciarsi, interagire e comunicare.

Totem in Vancouver Island

Totem in Vancouver Island

Strutture significative e pervasive di ignoranza tra i cittadini canadesi vengono riprodotte attraverso l’istruzione formale. Inoltre, molto spesso, nei confronti delle popolazioni indigene, vengono promosse forme di turismo volontario che combina svago, viaggi e lavoro volontario principalmente finalizzati ad aiutare o alleviare la povertà materiale di un determinato gruppo umano. In generale, il turismo volontario si rivolge, sulla base di aiuti di volontariato, al lavoro di cura dei bambini negli orfanotrofi, all’insegnamento di lingue alle persone di un determinato luogo oppure alla ricostruzione di infrastrutture (Kadomskaia et al. 2023). Tuttavia, queste forme di aiuto sono state criticate in quanto continuano a promuovere atteggiamenti neocoloniali verso gruppi umani considerati economicamente e socialmente svantaggiati e marginali. Tali atteggiamenti hanno contribuito a promuovere dipendenze razzializzate (Sabaratnam 2020) e costruzioni discorsive dominanti dell’“Altro” (Kadomskaia et al. 2023).

Intersecando concettualizzazioni di turismo indigeno con un turismo volontario emergono quindi contraddizioni che dovrebbero essere decostruite attraverso la teoria decoloniale in quanto tali ideologie di turismo continuano a rimanere radicalizzate all’interno di condizioni sociali e contestuali del colonialismo (Tucker, 2014) determinando modelli ideologici e materiali neo-coloniali. Nello specifico, il termine neo-colonialismo descrive gli effetti contemporanei che assegnano a contesti appartenenti al Sud del Mondo o a determinati gruppi sociali all’interno di Paesi del Nord del Mondo, che spesso in precedenza hanno subìto forme di colonizzazione, una posizione sussidiaria economicamente, socialmente e culturalmente, rispetto all’Occidente (Sharp 2022). Sebbene il colonialismo politico formale non esista più nella maggior parte del mondo, gli studiosi postcoloniali evidenziano squilibri di potere che continuano ad operare a livello economico e ideologico tra l’Occidente e il resto del mondo (Varman 2018).

Secondo il capo e l’ex capo indigeni, un discorso di asimmetria di potere continua ad essere alla base degli incontri di turismo indigeno che viene confuso con il turismo volontario il quale determina il fatto che le comunità ospitanti vengono “volontarizzate” da forze dominanti legate al loro passato colonizzato (McGehee 2012). Le posizioni binarie di superiorità-inferiorità di questi approcci turistici sono ulteriormente evidenti nei resoconti secondo cui i turisti volontari traggono più vantaggio, in termini di appagamento, dall’esperienza rispetto a chi li ospita (Vrasti 2012). Spesso inoltre le comunità indigene ospitanti vengono lasciate in uno stato di ulteriore decadimento a causa di un continuo sgretolamento culturale e di una costante dipendenza dall’aiuto esterno. Un altro grande problema sottolineato dal capo e dall’ex capo indigeni durante la lezione riguardava il fatto che raramente i turisti tendono a concepire certi gruppi indigeni come capaci di aiutarsi da soli e costantemente bisognosi di aiuti esterni per progredire. Questo discorso infantilizzante è parallelo alle opinioni dei coloni quando immaginavano loro stessi come adulti potenti che governavano gruppi umani rimasti simili a bambini i quali avevano bisogno di essere spinti verso la civiltà e il progresso (Connell, 2007).  

Servizi offerti presso il Totem Park

Servizi offerti presso il Totem Park

Conclusioni 

Presentando una proposta turistica indigena, questo articolo invita a sviluppare maggiormente una critica postcoloniale di vari aspetti neocoloniali che rischiano di continuare ad essere alla base dei progetti di turismo indigeno qualora non si riuscisse a cogliere, dal di dentro, la cultura nativa. Pur nella loro chiarezza espositiva, gli studenti, come anche gli approcci teorici forniti durante il corso, dimostravano, involontariamente ma ripetutamente, atteggiamenti neocoloniali che venivano riprodotti in modo irriflesso nella richiesta di progettazione di materiali di marketing del turismo. Ciò che innanzitutto andrebbe sviluppato quando si pianificano progetti turistici indigeni è un uso appropriato di un’auto-riflessione al fine di includere processi di pensiero capaci di interrogare il ruolo di chi storicamente appartiene a categorie ritenute dominanti e il loro potere nel costruire relazioni con gruppi considerati gerarchicamente in una posizione subalterna.

L’analisi di questo caso di studio mostra quindi chiaramente che fenomeni di riproduzione coloniale, seppur con caratteri mutati rispetto al passato, continuano ad esistere. Uno sguardo decolonizzato ed indigenizzato risulta pertanto essere necessario per sviluppare progetti di turismo indigeno. Ciò riflette la speranza per un futuro mercato del turismo indigeno in cui le visioni eurocentriche dello sviluppo possano essere destabilizzate e le disuguaglianze tra gruppi storicamente dominanti e subalterni siano sfidate attraverso un impegno a problematizzare ulteriormente discorsi e idee dati per scontati. 

Dialoghi Mediterranei, n. 69, settembre 2024 
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Linda Armano, ricercatrice in antropologia, ha frequentato il dottorato in cotutela tra l’Università di Lione e l’Università di Venezia occupandosi di Anthropology of Mining, di etnografia della tecnologia e in generale di etnografia degli oggetti. Attualmente collabora in progetti di ricerca interdisciplinari applicando le metodologie antropologiche a vari ambiti. Tra gli ultimi progetti realizzati c’è il “marketing antropologico”, applicato soprattutto allo studio antropologico delle esperienze d’acquisto, che rientra in un più vasto progetto di lavoro aziendale in cui collaborano e dialogano antropologia, economia, neuroscienze, marketing strategico e digital marketing. Si pone l’obiettivo di diffondere l’antropologia anche al di fuori del mondo accademico applicando la metodologia scientifica alla risoluzione di problemi reali. Ha pubblicato recentemente la monografia Esplorare valore e comprendere i limiti, Quaderni di “Dialoghi Mediterranei” n. 3, Cisu editore (2022).

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