di Marcello Vigli
L’incontro interreligioso, che si è svolto ad Abu Dhabi negli Emirati Arabi Uniti il 4 febbraio e a cui hanno partecipato i capi di tutte le religioni, fra cui anche il papa, acquista un grande valore simbolico perché segna una svolta nei rapporti fra Chiesa cattolica e mondo islamico. Nelle precedenti occasioni di incontro non si era mai andati oltre la reciproca cortese/indifferenza, considerandosi interlocutori disomogenei, ciascuno convinto di essere l’unica rappresentanza dell’Assoluto. Anche nella preghiera comune ciascuno pregava il suo Dio
Ad Abu Dhabi, al di là delle manifestazioni di maggiore cordialità fra tutti i presenti, si è giunti alla sottoscrizione di un documento comune in cui il papa e il Grande Imam dell’autorevole università islamica di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyib si rivolgono a tutti gli uomini, credenti e non, in nome di un solo Dio. Il papa in rappresentanza di tutti i cattolici, più o meni consenzienti, l’Iman solo di una parte dell’universo islamico.
Ciò nonostante, il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune da loro firmato, non è soltanto una pietra miliare nei rapporti tra Cristianesimo e Islam, ma rappresenta anche un messaggio destinato avere un valore a livello internazionale perché nulla, neppure la religione, rende gli uomini diversi fra loro.
Nell’affermare che «La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare», si presenta come «un documento ragionato con sincerità e serietà», che invita «tutte le persone che portano nel cuore la fede in Dio e la fede nella fratellanza umana a unirsi e a lavorare insieme». In questa prospettiva denuncia che «le forti crisi politiche, l’ingiustizia e la mancanza di una distribuzione equa delle risorse naturali – delle quali beneficia solo una minoranza di ricchi, a discapito della maggioranza dei popoli della terra – hanno generato, e continuano a farlo, enormi quantità di malati, di bisognosi e di morti, provocando crisi letali di cui sono vittime diversi Paesi… Nei confronti di tali crisi che portano a morire di fame milioni di bambini, già ridotti a scheletri umani – a motivo della povertà e della fame –, regna un silenzio internazionale inaccettabile».
Conferma che «le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione». Chiede perciò a tutti di «cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione».
Particolare interesse rappresenta inoltre il riconoscimento, contenuto nella Dichiarazione, della «indispensabile necessità riconoscere il diritto della donna all’istruzione, al lavoro, all’esercizio dei propri diritti politici. Inoltre, si deve lavorare per liberarla dalle pressioni storiche e sociali contrarie ai principi della propria fede e della propria dignità. È necessario anche proteggerla dallo sfruttamento… Per questo si devono interrompere tutte le pratiche disumane e i costumi volgari che umiliano la dignità della donna e lavorare per modificare le leggi che impediscono alle donne di godere pienamente dei propri diritti».
Queste brevi citazioni sono indicative del molto altro che viene affermato nella Dichiarazione e che ha contribuito a renderla inaccettabile per i cattolici clericali e invisa agli islamici ultra ortodossi particolarmente perché non si limita a dichiarazioni di principio ma propone un comune impegno né solo all’interno delle proprie strutture, ma in tutto il mondo.
«A tal fine – è scritto – la Chiesa cattolica e al-Azhar, attraverso la comune cooperazione, annunciano e promettono di portare questo Documento alle Autorità, ai Leader influenti, agli uomini di religione di tutto il mondo, alle organizzazioni regionali e internazionali competenti, alle organizzazioni della società civile, alle istituzioni religiose e ai leader del pensiero; e di impegnarsi nel diffondere i principi di questa Dichiarazione a tutti i livelli regionali e internazionali, sollecitando a tradurli in politiche, decisioni, testi legislativi, programmi di studio e materiali di comunicazione.
Al-Azhar e la Chiesa Cattolica domandano che questo Documento divenga oggetto di ricerca e di riflessione in tutte le scuole, nelle università e negli istituti di educazione e di formazione, al fine di contribuire a creare nuove generazioni che portino il bene e la pace e difendano ovunque il diritto degli oppressi e degli ultimi.
In conclusione auspichiamo che: questa Dichiarazione sia un invito alla riconciliazione e alla fratellanza tra tutti i credenti, anzi tra i credenti e i non credenti, e tra tutte le persone di buona volontà; sia un appello a ogni coscienza viva che ripudia la violenza aberrante e l’estremismo cieco; appello a chi ama i valori di tolleranza e di fratellanza, promossi e incoraggiati dalle religioni; sia una testimonianza della grandezza della fede in Dio che unisce i cuori divisi ed eleva l’animo umano; sia un simbolo dell’abbraccio tra Oriente e Occidente, tra Nord e Sud e tra tutti coloro che credono che Dio ci abbia creati per conoscerci, per cooperare tra di noi e per vivere come fratelli che si amano. Questo è ciò che speriamo e cerchiamo di realizzare, al fine di raggiungere una pace universale di cui godano tutti gli uomini in questa vita».
Mentre nel mondo arabo non si è scritto molto su questo incontro, nel mondo cattolico, accanto ai molti riconoscimenti del suo valore, si sono avute dure critiche più o meno dirette. Fra queste si può, forse, ascrivere il Manifesto della fede per la Chiesa d’oggi diffuso in tutto il mondo il 9 febbraio. Ne è autore il cardinale Gerhard Müller, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede dal 2012 al 2017, costretto a dimettersi perché in disaccordo con papa Francesco, che ha dichiarato: «Dinanzi a una sempre più diffusa confusione nell’insegnamento della fede, molti vescovi, sacerdoti, religiosi e laici della Chiesa cattolica mi hanno invitato a dare pubblica testimonianza verso la Verità della rivelazione. È compito proprio dei pastori guidare gli uomini loro affidati sulla via della salvezza, e ciò può avvenire solamente se tale via è conosciuta e se loro per primi la percorrono».
Per adempiere a questo compito ha elaborato un ampio documento in cui, dopo aver affrontato cinque temi – Dio uno e trino, rivelato in Gesù Cristo; La Chiesa; L’ordine sacramentale; La legge morale; La vita eterna – lancia un appello che rappresenta un invito a dissociarsi da quel testo e a contrastarne la diffusione. «Come lavoratori nella vigna del Signore, noi tutti abbiamo la responsabilità di ricordare queste verità fondamentali aggrappandoci a ciò che noi stessi abbiamo ricevuto. Vogliamo dare coraggio per percorrere la via di Gesù Cristo con determinazione, così da ottenere la vita eterna seguendo i Suoi comandamenti»
Diverso, ma pur sempre rivelatore di una diffusa ostilità nei confronti di papa Bergoglio, è il tentativo di presentare il documento sottoscritto dal Papa e dall’Iman come una subordinazione del primo al secondo. Soprattutto è stato clamorosamente strumentalizzato, come “bacio sulla bocca” o atto di “amore” e “sottomissione” di Bergoglio verso l’Imam, lo scambio fra loro di un abbraccio con bacio come saluto fraterno, in virtù della storica intesa siglata. Si tratta di un clamoroso falso, che, però, ha fatto molto discutere soprattutto tra chi ritiene scandaloso che un uomo di fede baci in bocca un altro uomo. Il pontefice in realtà non bacia l’imam in bocca, ma sulla guancia! L’immagine, che lo riproduce, è risultata essere stata truccata, ma, riproposta da diversi giornali, è iniziata a circolare su Facebook, rilanciata in particolare dallo scrittore Magdi Allam musulmano convertito al cattolicesimo, suscitando polemiche chiaramente strumentali.
Questi nemici del papa, che non esitano a ricorrere al falso per raggiungere lo scopo di screditarlo, proprio con la loro strumentalizzazione, esaltano il valore simbolico di questo abbraccio riconoscendolo come fatto storico anche se poco “reclamizzato”.
Dialoghi Mediterranei, n. 36, marzo 2019
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Marcello Vigli, partigiano nella guerra di Resistenza, già dirigente dell’Azione Cattolica, fondatore e animatore delle Comunità cristiane di base, è autore di diversi saggi sulla laicità delle istituzioni e i rapporti tra Stato e Chiesa nonché sulla scuola pubblica e l’insegnamento della religione. La sua ultima opera s’intitola: Coltivare speranza. Una Chiesa altra per un altro mondo possibile (2009).Dialoghi Mediterranei, n. 36, marzo 2019.
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