di Pietro Clemente
Aspettando il PNRR
Sono pervenuti, per Il centro in periferia (CIP) e di seguito li pubblichiamo, testi assai interessanti per la discussione che continua dalle ‘puntate precedenti’ (Broccolini, Barbera, Adriani e altri, Sorce, Caneparo e altri, Bindi e altri) e sono anche presenti nuove voci e terreni di indagine (il gruppo di testi densissimi sulle Marche: Leonardi e altri, Moroni, Piacentino, cui si aggiunge il testo alpino di Dallavalle), e infine un testo più vicino alla saggistica antropologica (Panaja sulle feste), ma pertinente ai temi del mondo festivo della zone interne al peso del Covid su di esso. Sono dunque molto soddisfatto delle nuove pagine del CIP n. 58. E tuttavia continuo a percepire la rubrica come uno spazio che cerca ancora il suo equilibrio, il suo centro di gravità permanente, la sua specificità per portare contributi utili ai temi del Riabitare l’Italia.
Forse il carattere sfaccettato dei lavori che vengono pubblicati da cinque anni è analogico alla fisionomia multiforme dei luoghi e dei problemi dell’Italia ‘minore’, ma come trovare minimi comuni denominatori, solidarietà, identità di movimento per avere anche momenti più costruttivi e comuni in queste pagine? Può essere – ora – il PNRR una intelaiatura per riflessioni più comparabili e coese? Già nel numero precedente, ma anche in questo, compaiono riferimenti alle attività in corso legate al PNRR, anche se molte di queste sono appena agli inizi e non se ne ha (o almeno ‘io non ne ho’) un quadro documentario sistematico.
Si dovrà fare di più per seguire queste occasioni di finanziamento e vedere come si riverberano sulle ‘zone intere’. Intanto il sentimento che ho di vivere in una fase di passaggio per il CIP viene accentuato dalle vicende della politica.
Il nuovo governo si è insediato
Sento la nuova alleanza politica che governa radicalmente estranea non solo alla mia storia, ma ai nostri temi. I ministri del nuovo governo hanno traversato la politica berlusconiana e il populismo e potrebbero rivelarsi non solo ostili al lavoro per lo sviluppo locale ma anche nemici relativamente ai temi dell’accoglienza e delle migrazioni che ormai sono uno dei fattori dello sviluppo dei territori per noi “riabitatori”. Nemici anche per le predilezioni esplicite per il mondo degli industriali e i grandi centri di esportazione del Nord.
Tutta la dimensione aperta dalla Strategia Nazionale Aree Interne potrebbe essere marginalizzata o messa a tacere. Alcune polemiche nate intorno alle denominazioni dei Ministeri invitano però alla accortezza. L’ironia della sinistra sulla denominazione del ‘Ministero dell’Agricoltura e della sovranità alimentare’ ha avuto una risposta netta da Carlin Petrini (la Repubblica, 22.10.2022 intervista di F. Cravero) che rivendica il concetto di sovranità alimentare alla sinistra e semmai denuncia il fatto che i governi di centrosinistra non abbiano mai preso iniziative in merito. Anche noi spesso abbiamo parlato di comunità energetica, di forme di auto sussistenza e di chilometro zero come base di economie locali non chiuse e non dipendenti dal mercato mondiale.
Se il Ministero fosse stato denominato della agricoltura e della autonomia alimentare sarebbe stato accolto meglio e non paragonato all’autarchia fascista. Ma sovranità è la parola base di sovranismo. In effetti il lavoro per Riabitare l’Italia ha incontrato spesso l’incomprensione di una sinistra urbano-centrica concentrata sui diritti individuali, tanto da spingere Fabrizio Barca a una dura critica della attuale classe politica. Talora nelle aree marginali montane e appenniniche si è registrato un voto leghista o di destra come protesta verso le amministrazioni di sinistra. E quindi oltre a criticare il nuovo governo sarà utile riflettere sulla identità della sinistra.
Senza farsi illusioni, lottando contro le linee del governo e la sua ideologia, è comunque utile esercitare una forte attenzione per contestare dal basso le scelte negative verso lo sviluppo locale e fare insieme una attenzione tattica per nuovi possibili spazi di azione. Negli anni Novanta dentro la sinistra si è manifestata una sorta di divaricazione tra culture individualiste e universaliste e culture legate ai territori e alla coscienza di luogo. Forse è l’occasione questa per fare dei bilanci.
Riti di passaggio
In questo mese lungo più del numero dei suoi giorni che si conclude con un pesante passaggio politico è stata Liliana Segre a tessere la rete del rito di passaggio tra generazioni e tra governi. Anche lei ha avuto in mano una campanella, in qualità di Presidente temporanea del Senato, ed ha invitato ad usare come filo conduttore della nostra storia, che vede avvicendarsi generazioni e gruppi politici, la Costituzione e le feste pubbliche che ad essa sono legate.
E ha aggiunto che i Costituenti:
vollero anche lasciare un compito perpetuo alla Repubblica: “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Non è poesia e non è utopia: è la stella polare che dovrebbe guidarci tutti, anche se abbiamo programmi diversi per seguirla: rimuovere quegli ostacoli! (da La Repubblica on line 13.10.22)
L’articolo 3 è anche la linea guida delle iniziative per ridare vita e prospettiva alle zone interne. È in questo appello di Liliana Segre che possiamo riconoscere la storia di generazioni e impegni ancora attivi, che tengono uniti i nati negli anni trenta con i ‘millennials’; appello il cui senso fondamentale è non arrendersi, costruire cittadinanza, essere attivi per una società più giusta, tenere accesa la luce della Costituzione.
Dialoghi Mediterranei, n. 58, novembre 2022
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Pietro Clemente, già professore ordinario di discipline demoetnoantropologiche in pensione. Ha insegnato Antropologia Culturale presso l’Università di Firenze e in quella di Roma, e prima ancora Storia delle tradizioni popolari a Siena. È presidente onorario della Società Italiana per la Museografia e i Beni DemoEtnoAntropologici (SIMBDEA); membro della redazione di LARES, e della redazione di Antropologia Museale. Tra le pubblicazioni recenti si segnalano: Antropologi tra museo e patrimonio in I. Maffi, a cura di, Il patrimonio culturale, numero unico di “Antropologia” (2006); L’antropologia del patrimonio culturale in L. Faldini, E. Pili, a cura di, Saperi antropologici, media e società civile nell’Italia contemporanea (2011); Le parole degli altri. Gli antropologi e le storie della vita (2013); Le culture popolari e l’impatto con le regioni, in M. Salvati, L. Sciolla, a cura di, “L’Italia e le sue regioni”, Istituto della Enciclopedia italiana (2014); Raccontami una storia. Fiabe, fiabisti, narratori (con A. M. Cirese, Edizioni Museo Pasqualino, Palermo 2021); Tra musei e patrimonio. Prospettive demoetnoantropologiche del nuovo millennio (a cura di Emanuela Rossi, Edizioni Museo Pasqualino, Palermo 2021).
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