il centro in periferia
di Claudio Rosati [*]
Gli uccelli in città sono uno dei segnali che ci vengono dalla nostra socialità modificata dal Covid19. Gorgheggiano sul tetto della terrazza come mai avevo ascoltato. Sono più efficaci di una conferenza sui guasti dell’antropocene. Leggo che a Milano in un giardino corrono le lepri, che a Venezia nei canali dalle acque chiare si vedono i pesci e che un orso è salito sulla terrazza di una casa in un paese tra Trento e Rovereto. Nello spazio urbanizzato, di colpo silenzioso, la natura si riprende ora, per quanto possibile, quello che le abbiamo sottratto.
Dalla terrazza guardo l’Appennino che sta di fronte, penso a Cireglio, dove ho una casa che non posso raggiungere, e a che cosa potrà succedere in quei boschi che conosco. “A me suona come la normalità”, mi dice Maurizio Ferrari, insegnante per una vita e ora coltivatore, con capre, cavalli e un asino, a Castello di Cireglio, “perché vedo che il numero degli animali è aumentato negli ultimi anni”. “Ma ciò che ho osservato recentemente è che sono meno stressati dalla presenza umana e che si avvicinano di più, nel bene e nel male per noi coltivatori accelerati, che siamo gli animali meno protetti della montagna”.
Nel bene e nel male. E si pensa subito al lupo. Chi voglia vederlo può guardare il video pubblicato dalla “Voce della Montagna” che lo ritrae nella bassa collina a pochi metri dall’abitato. Nella ricerca di testimoni incontro Confagricoltura preoccupata della biodiversità che sarebbe messa a rischio. La riduzione, tra le misure del confinamento, della caccia di selezione, riservata in questo periodo alla polizia provinciale e alle guardie venatorie volontarie, ha aumentato la pressione degli ungulati sulle colture. «Un capriolo è in grado di mangiare 15 kg di germogli di vite in un giorno».
“Il lupo in questo periodo non ha aumentato le sue discese”, conferma da Cutigliano, Simone Breschi, uno degli animatori del Cammino di San Bartolomeo. Ciclista di mountain bike, incontra con la frequenza di sempre caprioli, tassi, scoiattoli. Anche il cinghiale arrivato, ma tempo fa, in piazza a Cutigliano e che non ne voleva sapere di far passare l’autobus, rientra nei canoni. Insomma, dalle prime voci, nella montagna uomini e animali conoscono la coesistenza di sempre. Natura e cultura. Una specie di utopia possibile che spinge Stefano Boeri e altri architetti a dire che il futuro è nei piccoli borghi se si qualificano i trasporti, si abbatte il digital divide e si danno incentivi fiscali. Richard Sennett ci ricorda che la logica delle città è proprio nella densità che ora è diventata un fardello pesante. Caso mai, lo straniamento che viviamo in città arriverà qui in estate quando a Cutigliano, Pian di Novello e Abetone, probabilmente, non ci saranno turisti.
Olido Orlandini, vive a Camporipano, in una casa isolata, con un orto strettamente recintato, e l’unica novità che ha osservato, ma da un anno, è quella della presenza delle cornacchie che non aveva mai visto. Presenza ribadita da Sauro Begliomini, della sezione Cai di Maresca, che vive a Bardalone. Antagoniste dei piccioni si sono sviluppate in vere e proprie colonie che volteggiano, spesso, su San Marcello. Cornacchie, ma anche aironi intorno ai corsi di acqua. “Tentano di prendere le trote dei laghi del Reno, ma non ce la fanno e beccano solo la parte superiore”, aggiunge Begliomini.
Non trova particolari differenze rispetto a prima del Covid 19, neanche Simone Vergari, presidente del Museo naturalistico archeologico dell’Appennino Pistoiese a Palazzo Achilli. “Le video trappole hanno sempre segnalato il passaggio notturno del lupo vicino all’abitato”, dice. Vergari, che abita a Gavinana, partecipa insieme agli altri volontari del Museo nel progetto “Mappiamo”, in collaborazione con l’Istituto di bioeconomia del Cnr di Firenze e Bologna. Ogni cittadino può inviare, tramite un form, segnalazioni di fiori, tracce animali, strutture geologiche particolari che, una volta filtrate, andranno a comporre un vero atlante naturalistico della montagna pistoiese. Si tratta di una campagna di citizen science, una ricerca scientifica condotta da semplici cittadini con il sostegno e il controllo degli scienziati. Si aspettavano 500 segnalazioni, ne sono arrivate già 600 e si pensa così di chiudere la prima fase a 1000.
A essere cambiati, per Manuela Geri, presidente dell’Ecomuseo della Montagna Pistoiese, più che gli animali sono gli umani. “Siamo molto più attenti – dice da Pontepetri – alla vita della natura, complice il silenzio che ci circonda e l’aria frizzantina e pulita, anni ’50. Noi siamo come in una bolla a causa del Covid 19, mentre fuori il mondo continua a girare regolarmente, piante e animali compresi. Nelle passeggiate con i cani ho visto e fotografato due magnifici serpenti che mi hanno detto innocui”.
La situazione cambia a quote più alte. Occhi esperti come quelli di Andrea Degl’Innocenti, guardia forestale dell’Unione dei Comuni, che ogni giorno ha sotto controllo il territorio, registrano un riposizionamento della selvaggina in luoghi prima frequentati dagli uomini. Sono, soprattutto, i giovani caprioli che in cerca di nuovi spazi popolano ora l’area circostante dei rifugi come a Pratorsi e a Casetta Pulledrari. “A Porta Franca, un capriolo mi ha abbaiato, ha mandato un segnale per rimarcare la proprietà esclusiva del luogo”. Anche l’Osservatorio astronomico a Pian dei Termini è stato colonizzato da cervi e caprioli. Paolo Gigli, responsabile dell’Osservatorio, ha notato anche un’insolita vitalità della vegetazione. “Non so se si debba alla primavera arrivata in anticipo o a un miglioramento della qualità dell’aria”.
“Mi sembra che qualche mese di quiescenza umana abbia fatto bene anche al nostro ambiente collinare e montano”, conclude Maurizio Ferrari, autore della raccolta di racconti Cuore d’òmmeni e di animali, con animali presenti in quasi tutte le storie, a volte come attori non protagonisti, a volte come interpreti di valori morali. Gli fa idealmente eco lo scrittore Paolo Cognetti nell’immaginare che gli animali si chiedano dove siano andati a finire gli uomini. “E gli sembrerà una festa. Isolati nelle nostre case di città, se il pensiero ci consola, pensiamo alla felicità della montagna che per qualche tempo si libera finalmente di noi”.
Il nostro ascolto finisce qui. Ci lascia voci diverse, un’idea concreta della prossimità tra uomo e animali, tracce che sembrano riemergere da un’armonia antica tra uomo e la terra, ma anche qualche equilibrio difficile e conflittuale. Anche questa è la montagna da pensare.
Dialoghi Mediterranei, n. 44, luglio 2020
[*] Testo scritto in collaborazione con Marzio Magnani, in pubblicazione per Il Libro Aperto, il notiziario della sezione di Pistoia del Club Albino Italiano che prende il nome dalla vetta più celebre dell’Appennino Pistoiese. Il prossimo numero è dedicato agli scritti dei soci sulla montagna durante il Covid 19.
______________________________________________________________
Claudio Rosati, autore di musei, saggista e docente di Antropologia museale e Comunicazione dei Beni Culturali in corsi universitari. Presiede il collegio dei probiviri dell’International Concil of Museum-Comitato italiano ed è socio fondatore della Società Italiana per la museografia e i Beni Demoetnoantropologici. Ha diretto il settore Musei della Regione Toscana. Ha pubblicato recentemente presso i tipi di Edifir, Amico Museo. Per una museologia dell’accoglienza.
______________________________________________________________