Come è noto, a partire da una certa epoca, gli uomini si sono associati per perseguire gli obiettivi da loro fissati e si sono dati un’organizzazione sociale, con una serie di vincoli alla libertà degli individui, attraverso regole istituzionali, finalizzate a stabilire i diritti e doveri di ciascun consociato. Ciò segna la nascita dell’ordinamento giuridico, connesso a quella società umana speciale, che è lo Stato e che il contenitore di quel complesso di regole che tutela gli interessi di tutta la comunità e che devono essere osservate da tutti. Il nostro Stato rientra nella categoria degli Stati liberali o Stati di diritto, nati a seguito della rivoluzione francese del 1789 ma anche della successiva Dichiarazione dei diritti dell’uomo, sempre del 1789, e si consolida dopo i moti europei del 1848.
Nelle fasi iniziali dello Stato liberale si assiste ancora a un accentramento del potere nelle mani di pochi che, per ceto e grado di istruzione, riescono a detenere il potere statuale. Con il tempo comincia a trovare attuazione il principio della separazione dei poteri enunciato da Montesquieu. Le caratteristiche dello Stato liberale sanciscono l’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, la Costituzione stabilisce i diritti e i doveri nei confronti dello Stato. Inoltre, alla fine della Seconda guerra mondiale, nasce in Europa lo Stato sociale, che, a differenza dello Stato liberale, che si limita a tutelare la libertà e la proprietà dei cittadini, interviene nell’economia con lo scopo di ridurre le differenze tra i cittadini e tutelare i gruppi sociali economicamente svantaggiati.
La nostra Costituzione, nata dalla Resistenza antifascista, definisce lo Stato con il termine Repubblica. La forma attuale del nostro Governo è parlamentare. Da una parte c’è lo Stato-apparato, cioè l’insieme di organi ai quali lo Stato attribuisce il potere e l’autorità di emanare e fare eseguire le regole sociali. Questi organi esercitano il potere dello Stato, distinto in potere legislativo, esecutivo e giudiziario. Tuttavia, gradualmente il potere esecutivo ha rotto gli argini dei suoi confini, prevaricando su quello legislativo e spesso il Parlamento è ridotto a cassa di risonanza del Governo, il quale può prendere decisioni anche segrete, nascoste al popolo sovrano, come è avvenuto e avviene con l’avvio delle armi in aiuto dell’Ucraina.
Ormai, la maggior parte delle decisioni sono prese dal Governo attraverso la prassi dei decreti legge d’urgenza, poi convertiti in legge dal Parlamento. È pur vero che il principio di separazione dei poteri non è accolto rigidamente nella nostra Costituzione e il Governo può svolgere, in alcuni casi previsti dagli artt. 76 e77, funzioni legislative come decreti legislativi e decreti legge. Di contra, anche Il Parlamento può svolgere funzioni giurisdizionali, ove il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e i ministri vengano messi in stato di accusa. Infine, anche la magistratura può, talvolta, esercitare una funzione esecutiva nei casi di volontaria giurisdizione.
Lo Stato-comunità designa l’insieme dei governanti pubblici e privati. Il popolo è sottoposto alle regole dello Stato ma partecipa alla funzione politica mediante gli istituti di democrazia diretta: referendum, esercizio del diritto di voto, azioni popolari, petizioni alle Camere.
La nostra Costituzione si può considerare rigida e si può modificare soltanto con una procedura complessa prevista dall’art. 138 della stessa e tuttavia si possono fare delle modifiche attraverso referendum sottoposti al popolo sovrano.
È di tutta evidenza che la nostra Costituzione si regge su un equilibrio tra i poteri e sopravvive bene da 75 anni. È così bella ed equilibrata perché è stata pensata e scritta da personaggi di grande cultura e saggezza. I Padri costituenti sono stati i leader dei maggiori partiti antifascisti: Alcide De Gasperi per la Democrazia cristiana, Palmiro Togliatti per il Partito comunista italiano, Pietro Nenni per il Partito socialista italiano, Enrico De Nicola presidente della Repubblica.
Orbene, a fronte di questi giganti, gli attuali attori del cambiamento, l’accoppiata Meloni-Salvini sono dei topolini. Entrambi propongono delle modifiche alla nostra Costituzione che, a mio modesto avviso, la sconvolgerebbero. Da quando la Destra estrema è al governo, oltre a dichiarare di volere cambiare l’egemonia della cultura di sinistra, ha già tentato di bloccare gli scioperi e le manifestazioni di protesta, sta occupando tutti posti decisionali, ha preso il possesso della RAI, l’azienda di Stato, per la quale noi cittadini paghiamo il canone, fa reiterati decreti sicurezza, ha aumentato i reati e le pene, insomma sta già mettendo in atto prove tecniche di fascismo.
La nostra Presidente o il Presidente, come vuole essere chiamata, credo un po’ per una dose di narcisismo (come definireste una che ha scritto un libro dal titolo Io sono Giorgia) un po’ per ideologia ma anche perché è una brava attrice, propagandista di se stessa e abile trasformista, a volte sembra che sia ancora all’opposizione, altre volte, invece, s’immedesima nel ruolo di governante. Perciò l’ho già chiamata il Giano bifronte. Prima la patriota Meloni difendeva appassionatamente l’unità d’Italia, ovvero della nazione, come la chiama lei, ma adesso, pur di mantenere il potere, deve accontentare la Lega salviniana nel progetto di autonomia differenziata. Ciò sarebbe una iattura e significherebbe stravolgere l’equilibrio costituzionale attuale e, come ho già scritto tempo fa, la fine della Repubblica, nata dalla Resistenza contro il fascismo, a causa di una potestà legislativa trasferita alle regioni in diversi settori, dalla scuola, alla sanità, all’ambiente, al lavoro, consolidando e aggravando il divario storico esistente tra Sud e Nord del Paese e potrebbe anche portare come conseguenza a una balcanizzazione dell’Italia.
Come se tutto ciò non bastasse, l’ultima idea che ha avuto il nostro Presidente Meloni è quella di stravolgere ulteriormente l’equilibrio tra i poteri della attuale Carta costituzionale, reclamando l’elezione diretta del premier, forse immaginando di potere stare a vita nel ruolo, con il consenso diretto del popolo, senza dipendere dal Parlamento ma forte del consenso dei cittadini. Ciò indebolirebbe o stravolgerebbe anche il ruolo del Presidente della Repubblica, che oggi è eletto dal Parlamento e indebolirebbe la prassi della fiducia del Parlamento al governo.
Pertanto, faccio appello ai cittadini italiani di stare all’erta e contrastare in tutti i modi il disegno della destra meloniana, che vorrebbe portare indietro l’orologio della storia, perché, come è stato detto, la storia si può ripetere, anche se in forme diverse.
Dialoghi Mediterranei, n. 65, gennaio 2024
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Piero Di Giorgi, già docente presso la Facoltà di Psicologia di Roma “La Sapienza” e di Palermo, psicologo e avvocato, già redattore del Manifesto, fondatore dell’Agenzia di stampa Adista, ha diretto diverse riviste e scritto molti saggi. Tra i più recenti: Persona, globalizzazione e democrazia partecipativa (F. Angeli, Milano 2004); Dalle oligarchie alla democrazia partecipata (Sellerio, Palermo 2009); Il ’68 dei cristiani: Il Vaticano II e le due Chiese (Luiss University, Roma 2008), Il codice del cosmo e la sfinge della mente (2014); Siamo tutti politici (2018); Scuola ed educazione alla democrazia (2021).
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