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L’identità relazionale delle coppie miste

PROMESSA DI MATRIMONIO DELLE COPPIE DI FATTO A MILANOdi Chiara Dallavalle

La coppia è da sempre il luogo per antonomasia del confronto e della negoziazione, e al suo interno i partner sono ingaggiati in un costante processo di ri-adattamento e ri-scrittura delle identità individuali e famigliari. Per certi versi ogni coppia può essere vista come una coppia mista, perché ciascun partner entra nella relazione con la propria biografia che ne determina una specifica visione del mondo, in cui gli elementi di diversità e quelli di somiglianza si combinano ogni volta in modo unico e creativo. E ogni qualvolta tali visioni discordano oltre un certo limite, è necessario ridefinire compromessi e punti di incontro comuni per permettere alla relazione di proseguire. La dinamicità dei flussi comunicativi è l’elemento vitale di ciascuna relazione di coppia.

Se questo processo contraddistingue ogni coppia di per sé, l’esplorazione di differenti codici comunicativi è resa ancora più complessa quando i due partner appartengono a matrici culturali diverse. Il fenomeno delle coppie miste caratterizza maggiormente rispetto al passato le società contemporanee, proprio in virtù dei massivi flussi migratori che le attraversano. Essi rendono il contatto con la diversità un fatto quotidiano, e sono l’occasione per revisionare profondamente le appartenenze reciproche. La coppia e la famiglia diventano quindi il luogo per eccellenza dove i riferimenti culturali entrano in gioco nel modellare le relazioni interpersonali. Nonostante ogni comunità tenda a considerare la propria idea di famiglia come universale e naturalmente data, la sociologia insegna che la famiglia è un artefatto sociale che esprime sempre le sensibilità di un certo momento storico, e si connota pertanto come soggetto mutevole e capace di trasformarsi nel tempo. L’antropologia ci offre poi modelli di famiglia diversi a secondo delle comunità e dei sistemi di organizzazione parentale. La cultura si pone come uno tra gli elementi caratterizzanti gli specifici contesti socio-ambientali, entro cui la struttura famigliare si dota di significato. Nel momento in cui consideriamo la cultura come il prodotto dell’azione creativa degli individui, che la sottopongono a costante riformulazione attraverso le proprie pratiche quotidiane, allora la famiglia appare immediatamente come un’entità altrettanto dinamica. La cultura diventa quindi una delle tante variabili che incidono sulla forma assunta dall’unità famigliare in un dato scenario storico e sociale.

In questa prospettiva è possibile affermare anche che quella specifica forma di famiglia, rappresentata dai matrimoni misti, sia sempre espressione del rapporto che una data società istituisce con la differenza. Non si può quindi comprendere pienamente il fenomeno delle famiglie interculturali se non indagando il grado di comunicazione tra varie “alterità” esistente all’interno di una data società. Ciò che viene percepito come diverso nel qui ed ora può non esserlo altrove, o in un’altra fase storica. Ogni società ha una sua propria rappresentazione della diversità, e facilita oppure stigmatizza l’incontro tra gruppi diversi. C’è sempre un margine che l’identità collettiva lascia per farsi contaminare dal diverso, e questo margine è negoziato localmente.

1.I matrimoni misti sono quindi quel punto d’incontro tra diverse appartenenze, il bordo del confine oltre il quale ci si sporge verso l’altro. Ogni giorno i partner valicano le frontiere identitarie stabilite dalle proprie matrici culturali, costruendo nuove forme di appartenenza e tracciando nuovi confini. Per certi versi i partner delle coppie miste compiono un vero e proprio atto migratorio quotidiano, allontanandosi dal terreno certo della propria individualità per esplorare i territori sconosciuti dell’altro. I margini di manovra concessi a questo processo di negoziazione sono però determinati dal più ampio contesto sociale, che limita o incentiva la contaminazione con il diverso. Più i confini tra gruppi culturalmente differenti sono tracciati rigidamente a livello macrosociale, più le relazioni famigliari avranno poco spazio per l’ingresso di elementi estranei. Al contrario, una società in cui la differenza non è solo tollerata ma anche connotata positivamente come elemento vitale per la propria popolazione, tenderà a contrastare atteggiamenti di pregiudizio verso le coppie miste, innescando invece dei processi di riconoscimento e valorizzazione nei loro confronti. Per questa ragione l’osservazione delle dinamiche alla base delle unioni interculturali rappresenta un ottimo punto di partenza per esplorare il livello di dialogo con l’alterità all’interno di una data società (Tognetti e Bordogna 2001).

Portando lo sguardo sul panorama italiano, balza subito all’occhio il fatto che i matrimoni misti siano un fenomeno tutto sommato nuovo. Questo è dovuto principalmente al fatto che l’Italia ha una storia di immigrazione ancora abbastanza recente, e che la presenza degli immigrati è caratterizzata ancora oggi da un certo grado di separazione rispetto alla maggioranza della popolazione italiana. Pertanto il tema della diversità culturale in seno alla famiglia stimola prevalentemente discorsi sulle famiglie immigrate e sulle seconde generazioni, mentre i matrimoni misti sembrano essere un oggetto di attenzione ancora abbastanza marginale.

Da un punto di vista meramente statistico, un matrimonio viene definito misto quando uno dei due coniugi ha nazionalità diversa da quella italiana. Tuttavia questa definizione risulta poco esaustiva, e mostra due forti limitazioni. La prima è che non permette alle statistiche ufficiali di far emergere tutte quelle famiglie in cui i due partner non abbiano contratto il matrimonio, nonostante vivano stabilmente da conviventi. La seconda è che la diversità si declina sempre in senso plurale, dando luogo a significati trasversali, ed interessando categorie di appartenenza variegate e non sempre sovrapponibili. In questo caso la nazionalità rappresenta spesso soltanto uno degli aspetti della differenza, nemmeno uno dei più rilevanti. Etnia, cultura, appartenenza religiosa sono tutti elementi che contribuiscono a rendere per definizione “mista” una coppia, e il grado di importanza attribuito a ciascuno di essi è assolutamente variabile e dipendente dal contesto. Quali sono le dimensioni che producono la differenza socialmente rilevante all’interno di una data società, e che quindi rendono un matrimonio “misto”? La dinamica tra somiglianza e differenza si gioca maggiormente in un matrimonio tra un bianco italiano e una ragazza francese dalla pelle nera, o in quello tra un ebreo e una cattolica, entrambi inglesi?

Questo vale anche per quanto riguarda l’appartenenza religiosa dei partner. La religione è spesso considerata in stretto binomio con la cultura, e viene vista come una specifica declinazione dell’appartenenza culturale. Tuttavia le due categorie non coincidono necessariamente, tanto che diversi matrimoni misti possono essere attraversati da differenze etniche ma non religiose. È il caso per esempio del matrimonio tra un cittadino italiano e una cittadina nigeriana: entrambi molto probabilmente appartengono alla religione cristiana (pur con possibili sfumature), ma i riferimenti culturali sono senza dubbio diversi. Inoltre essere nati in una nazione in cui vi è una religione di maggioranza non implica necessariamente che il singolo si riconosca in quella data religione. Molti italiani, pur avendo ricevuto il battesimo, si definiscono non praticanti se non addirittura atei, pertanto avrebbe poco senso definirne l’unione con un partner di religione diversa come matrimonio interreligioso. Ciò che viene percepito come somigliante o differente ancora una volta non può essere predeterminato in modo assoluto.

2Questo significa che la coppia vive la dimensione della propria intimità sullo sfondo del contesto sociale più ampio, e che la differenza culturale è sempre percepita non come un fatto privato ma al contrario come un dato socialmente rilevante. Le implicazioni sono molteplici, non ultime quelle relative ai processi di ascrizione dello status ai gruppi di minoranza da parte della maggioranza. Infatti il livello di legittimazione alla differenza culturale ha sempre a che vedere con le dinamiche di potere tra cultura dominante e culture minoritarie. In questo senso la costruzione delle appartenenze non è mai un processo neutro, ma in qualche modo riflette delle gerarchie valoriali tra culture, che premono per l’omologazione di quelle minoritarie alla cultura dominante anziché privilegiare la coesistenza della differenza.

Quindi le coppie miste si muovono costantemente su un doppio binario, che vede la dimensione affettiva e relazionale interpersonale soggetta a continui riarrangiamenti legati ai valori, alle norme e ai significati partoriti nel mio ampio scenario socio-culturale. Laura Fruggeri (Fruggeri 2005) parla di discontinuità culturale per riferirsi a quegli eventi critici che possono attraversare la famiglia, e la famiglia interculturale in particolare, costringendola ad innescare un processo di cambiamento e adattamento al nuovo scenario. Gli eventi critici non costituiscono necessariamente un fattore problematico, ma al contrario possono aumentare il livello di resilienza dei partner coinvolti. Nel caso delle coppie miste la discontinuità può essere rappresentata, tra le altre cose, anche dalla presenza di riferimenti culturali differenti, che generano sia incomprensioni comunicative sia un maggiore dispendio di energie nello sforzo di superare il pregiudizio da parte della società. La capacità di mettere in campo una maggiore resilienza rende le coppie miste capaci di gestire la compresenza di diversi codici culturali, utilizzando di volta in volta quello più appropriato allo specifico contesto sociale, e sviluppando quello che viene definito un registro plurimo (Monacelli e Mancini 2005).

Per certi versi le coppie miste sono sempre un intreccio di molteplici identità, che necessitano di continua negoziazione. Nel momento in cui la matrice culturale diventa un elemento di potenziale frattura, le coppie miste mettono in atto strategie mirate che variano a seconda delle situazioni specifiche. Non esiste una modalità di risposta alla discontinuità predeterminata e culturalmente definita; al contrario la resilienza messa in atto dalle coppie miste è il risultato dell’azione sinergica dei riferimenti culturali di appartenenza con una pluralità di altri fattori (Panari 2010). Il fatto di dover negoziare le differenti visioni del mondo attraverso l’elaborazione di codici comunicativi sempre originali aumenta il livello di investimento emotivo nella coppia e rende la differenza un incentivo anziché un ostacolo al dialogo.

Nel momento in cui la coppia interculturale viene vista non come un’entità statica bensì come un soggetto estremamente dinamico, in costante interazione con il contesto sociale in cui è inserito, è allora possibile cogliere la portata dei complessi processi di negoziazione che mette in atto. Tali processi permettono l’integrazione delle identità individuali dei partner in una più ampia identità relazionale (Gaines e Liu 2000), in cui trova posto anche il contesto sociale in cui la coppia è immersa. Essa si configura quindi come identità condivisa, in cui le differenze non sono negate e nemmeno demonizzate, ma al contrario valorizzate in quanto risorsa. L’identità relazionale viene sempre costruita attraverso la negoziazione di molteplici elementi di matrice culturale, che variano a seconda della situazione e del contesto. In una prospettiva pluridimensionale, questi elementi non possono essere considerati singolarmente, in quanto acquisiscono significato soltanto nella reciproca interdipendenza.

Il concetto di identità relazionale offre una prospettiva interessante per esplorare il fenomeno delle unioni multiculturali. Permette infatti di contestualizzare il tema dell’identità in una cornice interpretativa che tiene insieme gli elementi affettivi con quelli sociali, rendendo conto della loro interazione all’interno della coppia e nei suoi rapporti con il mondo esterno. Viste in questa prospettiva le coppie miste rappresentano un laboratorio fondamentale entro cui sperimentare nuove forme identitarie individuali e collettive, stimolando riflessioni importanti sul dialogo interculturale a tutti i livelli della società.

Dialoghi Mediterranei, n.23, gennaio 2017
Riferimenti bibliografici
Fruggeri, L. (2005), Diverse Normalità. Psicologia sociale delle relazioni famigliari, Roma: Carocci. 2010.
Gaines, S., Liu, J. (2000), “Multicultural/multiracial relationships”, in C. Hendrick,, S. Hendrick Close relationships: a sourcebook, Thousand Oaks: Sage.
Gozzoli, C. Regalia, C. (2005), Migrazioni e famiglie. Percorsi, legami e interventi psicosociali,  Bologna: il Mulino.
Monacelli, N. Mancini, T. (2005), “Appartenenze culturali e dinamiche famigliari”., in Fruggeri, L. Diverse Normalità. Psicologia sociale delle relazioni famigliari, Roma: Carocci.
Panari, C. Mancini, T. Fruggeri, L. (2010), “Le sfide delle famiglie interculturali: solo una questione di “appartenenze”? La prospettiva della cultura situata”, in Rivista di Studi Famigliari. Vol.2: 42-59.
Tognetti Bordogna, M. (2001), Legami familiari e immigrazione: i matrimoni misti, Torino: L’Harmattan Italia.
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Chiara Dallavalle, già Assistant lecturer presso National University of Ireland di Maynooth, dove ha conseguito il dottorato di ricerca in Antropologia culturale, è coordinatrice di servizi di accoglienza per rifugiati nella Provincia di Varese. Si interessa degli aspetti sociali e antropologici dei processi migratori ed è autrice di saggi e studi pubblicati su riviste e volumi di atti di seminari e convegni.

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Una risposta a L’identità relazionale delle coppie miste

  1. Marta Nanti scrive:

    Spunti davvero interessanti, grazie Chiara

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