Questa rassegna di immagini è stata realizzata alla foce del fiume Modione, un tempo chiamato dai Greci Selinus, ad indicare il sedano selvatico, che anticamente cresceva abbondante lungo le sue sponde, in località Triscina di Selinunte (Tp), nel 2014. Siamo nella Sicilia sud occidentale, affacciati al Mar Mediterraneo. Il racconto è il viaggio, in quanto scoperta attraverso lo stupore di un bambino di cinque anni, Claudio. Il piccolo nel suo andare, percorrendo la battigia, giunge alla riva d’acqua dolce, dove scopre e conosce suggestive forme e colori di quel mondo.Infine, alla foce, assiste all’incontro del fiume con il mare.
È grazie al bambino che scopro l’inquinata bellezza delle acque del Modione, a pochissimi passi dal mare. Da qualche anno ho iniziato l’esplorazione territoriale di alcuni luoghi della provincia di Trapani, tra questi c’è Triscina, una borgata marinara, molto nota, purtroppo, per lo spregiudicato abusivismo edilizio.
A ridosso della costa di sabbia finissima e dorata salta agli occhi una incredibile estensione di case e scheletri di hotel incompiuti, dove il cemento e la bruttura sono protagonisti dolorosi, all’interno di un paesaggio naturale di notevole bellezza.
Qual è il confine tra natura e distruzione? Ho provato a capire, un giorno di settembre, col piccolo Claudio, il quale mi ha invitato a percorrere la lingua di sabbia tra le acque, quella del mare e quella del fiume. Lì, dove il dolce e il salato si incontrano, il figlio-fiume che corre a gettarsi tra le braccia della grande madre, la mer.
I versi della scrittrice Marilena Monti: «Vedrai, bambino,/la passione dell’acqua:/ la dolce e la salata in un unico abbraccio,/in un ritorno/ che ogni giorno ritorna./ Vedrai la luce rispecchiata/ con il giunco,/ e l’immagine di te/ che ridi incantato stupore…»,
illustrano magnificamente lo stato esperienziale di Claudio, che fremente ed entusiasta, mi ha condotto nei luoghi che ho ripreso.
Ho così iniziato a fotografare i suoi passi, le canne, la ricca vegetazione tipica del paesaggio dunale, che ricorda la fratellanza con i luoghi della costa nordafricana, i gigli di mare, le alghe fluviali inquinate, ma soprattutto la meraviglia e lo stupore che vedevo sul suo viso, percorrendo il micro e macro mondo acquatico, stando immerso e in mezzo come “terra tra i mari”, Claudio ha colto il bello che lo circondava e me lo ha mostrato, inconsapevolmente con la forza della sua emozione. Il suo costumino verde è un unicum con la natura, che, purtroppo, è in gran parte inquinata e deturpata.
Eppure siamo sotto al grande Parco Archeologico di Selinunte, luogo di superba bellezza e civiltà ricchissima, che nelle sponde del Modione aveva un importante porto, oggi completamente sommerso, tra templi e terrazze che dominano, dall’alto dell’acropoli, il cielo e il mare.
Un Mediterraneo di transiti, nefasti commerci, storie e incontri di uomini, speranze naufragate all’orizzonte della sua grandezza, illusioni fluttuanti e perdute tra le onde.
Il fiume Modione, dalla terra si fa ponte e liquidamente appartiene a quel mare che è Mediterraneus, “mare tra le terre”. L’illusione felice di purezza vacilla, quando sulla spiaggia di Triscina rinveniamo rifiuti e detriti di ogni genere, che il mare nostrum vomita ciclicamente, così torniamo impazienti al fiume sperando che sia puro come un bambino.
Invece no, esso è carico della stessa natura immonda e va in direzione della liquida madre, inquinato. La chiamano civiltà, quella degli uomini, autori di scenari disgustosi: natura e distruzione, senza soluzione di continuità.
All’improvviso, gli oggetti che abbiamo visto abbandonati prima sulla spiaggia: bottiglie di plastica, cassette della frutta, sacchetti etc prendono forma in una simbolica barchetta a vela sul fiume, magicamente rinvenuta alla sua foce.
Un messaggio, una piccola lezione che il bambino ha appreso a contatto con l’Acqua maestra. Forse qualcosa può cambiare, forse non è tutto perduto, forse il Mediterraneo potrà essere salvo.
Si conclude a questo punto il racconto fotografico, con un epilogo aperto e speranzoso. Il reportage prediligendo un’estetica dell’immagine di tipo onirico, a volte surreale, sensibile al bello, nonostante tutto, vuole cogliere come motivo creatore la speranza in un cambiamento possibile, di cui depositario è il bambino. Un racconto che non è denuncia fine a se stessa, bensì una proposta, attraverso il riciclo, per uno sguardo ad un futuro ecosostenibile del Mediterraneo.
Una poesia…di immagini che per un attimo sembrano un mondo lontano…
Grazie Salvatore, anche nella bruttura c’è del bello e come hai ben colto, la poesia di immagini non vuole nascondere ciò che è, ma puntare ad un oltre “speranzoso” partendo dai bambini. È l’unica possibilità di cambiamento.